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BLOCCO STIPENDI PA: LA NORMA E’ ILLEGITTIMA, MA NON PER IL PASSATO

La Corte costituzionale salva i conti dello Stato. Per la Consulta, infatti, “è illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi della Pubblica amministrazione, ma non per il passato”. Gli effetti della decisione saranno efficaci solo dalla dati di pubblicazione della sentenza. I giudici hanno quindi, in qualche modo, accolto la memoria dell’Avvocatura dello Stato secondo cui “l’onere” della “contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non potrebbe essere inferiore a 35 miliardi”, con “effetto strutturale di circa 13 miliardi” annui dal 2016. Una bomba che avrebbe rischiato di far esplodere i conti pubblici. Soprattutto poche settimane dopo che la stessa Corte aveva messo “fuorilegge” lo stop alla perequazione delle pensioni sbloccando gli adeguamenti rimasti fermi. “Stiamo aspettando l’ufficialità, ma è questione di tempo. La Corte ha cancellato un’ingiustizia nei confronti dei lavoratori pubblici. E’ una piccola vittoria, ma per noi è anche un momento di commozione” dice Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa promotore del ricorso contro la norma. “I giudici – prosegue Battaglia – hanno riconosciuto che l’eccezionalità ha un termine e questo termine finisce adesso. Di certo non manderemo in rovina i conti dello Stato”. D’altra parte senza la rivalutazione del passato, l’impatto calcolato dal sindacato per il 2015 è di circa 600 milioni, ma il costo strutturale – tolti gli oneri di cassa – non dovrebbe superare i 300 milioni, mentre dal 2016 l’aggravio netto sui conti pubblici dovrebbe essere di circa 900 milioni. La situazione era comunque delicata perché i contratti dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2010 e l’adeguamento sarebbe dovuto ripartire nel 2017, ma sul costo dell’operazione c’è parecchia incertezza. In termini di retribuzioni, il congelamento scattato cinque anni è costato già oltre 600 euro, ma l’ultima rilevazione dell’Istat in materia si ferma alla fine del 2013: il conto rischia quindi di essere ancora più salato. D’altra parte, l’alleggerimento della busta paga si spiega sia con il congelamento dei rinnovi contrattuali e lo stop alle maturazioni stipendiali, come gli scatti, sia con il freno al turnover. “Il governo non perda tempo, ci convochi subito per il rinnovo dei contratti” dice il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: nel settore pubblico ci sono circa 3 milioni di dipendenti in attesa di rinnovo. La trattativa, però, era congelata dai vincoli di leggi. Tornando alla sentenza, l’avvocato dello Stato chiedeva alla Corte costituzionale di considerare l’impatto economico della contrattazione: “Di tali effetti non si può non tenere conto a seguito della riforma costituzionale” che “ha riscritto l’art. 81 Cost, a partire dalla disposizione del nuovo comma 1, secondo la quale lo Stato assicura l’equilibrio fra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. Inoltre l’Avvocatura nella parte iniziale della memoria precisava come “in ogni caso le prerogative sindacali risultano salvaguardate e si sono estrinsecate, tra l’altro, nella partecipazione all’attività negoziale per la stipulazione dei contratti integrativi (Ccni), sia pure entro i limiti finanziari normativamente previsti” e “di contratti quadro”. Poi, aggiunge, è rimasta in piedi la possibilità “di dar luogo alle procedure relative ai contratti collettivi nazionali, sia pure per la sola parte normativa”. Insomma, evidenzia, ciò dimostra come “un’intensa attività contrattuale sia stata svolta, anche in pendenza del nuovo complesso normativo, ed abbia riguardato sia la contrattazione integrativa che quella nazionale”.

Fonte: repubblica.it

3 risposte

  1. Così 3 milioni di lavoratori pubblici continueranno a reggere la baracca per evitare il default mentre l’Italia è agli occhi del mondo intero evasopoli, sprecopoli e corruttopoli.

  2. Certo che sigg della corte costituzionale avendo pensioni d’oro la norma era retroattiva e si sono parati il fondo schiena mentre il pubblico impiego non gliene frega niente.

  3. Sfugge , ai tre milioni di lavoratori pubblici , che mentre loro perdevano l’onere della contrattazione di livello nazionale , i dipendenti del privato , perdevano il posto di lavoro a 40/50 anni di età,dopo un servizio di 20/30 anni senza alcun privilegio . Potranno mai capire “detti individui” cosa vuol dire cercare e non trovare una occupazione a 50 anni? A mio parere no . Se si fossero dimezzate le file del pubblico e non quelle del privato , il paese intero ne avrebbe tratto enorme vantaggio.Se i pubblici , sono convinti di valere molto di più , lascino il postaccio a chi a loro giudizio vale di meno .Con le loro capacità ed usando il denaro della loro “saccoccia” , potranno farci vedere di cosa sono capaci……

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