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DECRETO SULLA CONCORRENZA, NELLA BOZZA VIA I COSTI DI RECESSO DAGLI OPERATORI

Costi di recesso eliminati. O almeno fortemente ridimensionati. Sarà l’effetto del decreto legge sulla concorrenza, che il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il 20 febbraio. Nell’ultima bozza c’è anche una posizione molto radicale sui costi di recesso dal proprio operatore telefonico, internet e televisivo: si stabilisce la loro totale eliminazione.

È una modifica del decreto Bersani sulle liberalizzazioni, allo scopo di perfezionarlo eliminando gli ultimi vincoli in fatto di cambio operatore. Il Bersani aveva stabilito che i costi di recesso dovessero essere solo quelli “giustificati da costi dell’operatore”. Cioè pari a quanto l’operatore stesso doveva pagare per gestire l’uscita dell’utente. Eliminava insomma le penali, la “cresta” che l’operatore applicava sull’utente che disdiceva il contratto. Era riuscito così a ridurre i costi di recesso, che prima del 2007 erano esorbitanti (centinaia di euro) e ora sono in media 40 euro per la telefonia.

Il nuovo decreto segnala l’intenzione di avviare una nuova fase di liberalizzazioni, completando l’opera del Bersani. È possibile interpretare così infatti le parti, del testo, dove si legge che, all’articolo 1 del decreto legge 31 gennaio 2007 (il Bersani, appunto), “le parole ‘non giustificate’ sono soppresse e le parole ‘spese non giustificate da costi dell’operatore’ sono sostituite dalle seguenti ‘spese o penali'”. L’articolo risultante, dopo queste soppressioni, elimina ogni costo di recesso (anche quelli “giustificati dai costi dell’operatore”), quindi.  Fonti vicine alla stesura della parte relativa alle comunicazioni, nel decreto, ritengono che adesso il testo sia in una posizione troppo radicale per passare così com’è e probabilmente sarà moderato prima dell’approvazione.

Gli operatori in effetti subiscono un certo costo per la gestione tecnica e amministrativa del distacco dell’utente. L’intenzione però del Governo è chiara: ridurre al minimo possibile il peso sulle spalle degli utenti. I costi di recesso sembrano quindi destinati a scendere ancora, forse riducendo all’osso il recinto delle spese che gli operatori possono ribaltare sugli utenti.

Il nuovo decreto mira anche a ridurre la penale prevista dagli operatori in caso di recesso anticipato: non potrà essere superiore a due mesi di canone e il contratto non potrà durare più di dodici mesi. Queste norme si riferiscono alle offerte promozionali, con cui gli operatori concedono sconti in cambio dell’impegno a restare con loro per un certo periodo di mesi. Adesso si arriva a 12, 24 o 30 mesi, persino; il nuovo decreto avrebbe quindi un certo impatto sulle strategie commerciali degli operatori. Per esempio, molti di loro, su rete fissa, adesso non fanno pagare il costo di attivazione (circa 100 euro) a chi resta per 24 mesi almeno. Questo tipo di offerta forse non sarà più praticabile, dopo l’approvazione del decreto.

Tra le altre misure che agevolano il cambio operatore, è prevista la “semplificazione delle procedure di identificazione per la portabilità”. L’utente, infatti, potrà fare la portabilità del numero e la migrazione della linea in modo del tutto telematico (si rimanda a successivo decreto del ministero degli Interni e dello Sviluppo economico, entro sei mesi).

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