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Lavoro, emendamento in Aula: l’articolo 18 non varrà per neoassunti

L’articolo 18 arriva in Aula al Senato. L’emendamento del governo, concordato con la maggioranza, all’articolo 4 della delega sul mercato del lavoro è stato presentato mercoledì mattina in commissione al Senato: si tratta di un passo che apre di fatto la strada al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che disciplina i licenziamenti senza giusta causa. Nel testo riformulato c’è la «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio». In sostanza, il lavoratore che conquisterà un contratto a tempo indeterminato, sia giovane sia riassunto dopo una precedente occupazione, non avrà da subito diritto alle stesse tutele garantite dagli attuali contratti stabili, ma le otterrà gradualmente. Soddisfatto il presidente della commissione Lavoro Maurizio Sacconi che spiega: «Con la delega c’è la revisione delle tutele nel contratto a tempo indeterminato (art.18), la mediazione» è l’applicazione del contratto «a tempo indeterminato» a tutele crescenti «alle nuove assunzioni». Con indennizzo proporzionato all’anzianità e dunque senza il reintegro dell’art.18.«A regime sarà per tutti quello».

«Uno scalpo usato come merce di scambio»

Si riaccende dunque il dibattito sul Job Act e sull’articolo 18 di fronte alla volontà di accelerare su questo tema (anche con un decreto ad hoc) da parte del premier Renzi. «L’articolo 18 è lo scalpo che il premier Matteo Renzi porterà in Europa per avere flessibilità sui conti pubblici», dice il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che non esclude uno sciopero. L’attacco è arrivato durante la relazione al direttivo del sindacato di Corso d’Italia. Per Camusso, secondo quanto riportano fonti presenti ad direttivo, l’esecutivo continua a non aggredire i nodi centrali della crisi e a non indicare le soluzioni utili a uscirne. Per la leader della Cgil l’esecutivo pone sotto i riflettori i temi che non hanno alcuna influenza, utilizzando l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori in una pura logica di scambio, come l’esecutivo Monti fece con le pensioni. «Non si può usare il contratto a tutele crescenti per cancellare l’art. 18, altrimenti si tratta di una presa in giro», incalza il leader Fiom Maurizio Landini. Alla domanda se fosse pronto in caso di eliminazione dell’art.18 a scioperare risponde che «se necessario» metteremo in campo «anche questo, non escludo alcuna forma di mobilitazione». Anche la Cisl attacca. «Per ora c’è un job ghost, nessun ha potuto leggere una proposta dettagliata», dice il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, parlando del jobs act a margine della festa dell’Udc a Chianciano Terme. «Quale strada si sta imboccando? – ha aggiunto – Nessuno conosce nulla di ciò che si sta decidendo. Vorremmo conoscere i dati. Spero si recuperi la trasparenza ed una discussione alla luce del sole. Le forze politiche e sociali ne hanno diritto ed hanno il dovere di sapere ciò che sta succedendo».

«Non è riducendo i diritti che si crea lavoro»

Critiche anche le opposizioni. «Se anche per Renzi la modifica dell’art. 18 è un falso problema non lo è per chi ha l’ossessione di toglierlo o per chi continua a pensare che il problema dell’occupazione si risolva togliendo i diritti a chi lavora – dice il coordinatore nazionale di Sel, Nicola Fratoianni – Il tema dell’articolo 18 torna ad essere il tema della riduzione dei diritti, una ricetta che non ha prodotto nessun posto di lavoro in più ma ha prodotto, invece, la riduzione della qualità del lavoro che c’è, dunque una ricetta sbagliata. Volerlo modificare è la riproposizione stanca di una ricetta fallimentare. Il nostro problema oggi invece è costruire nuova occupazione».

Fonte: corriere.it

2 risposte

  1. l’art. 18 non varrà per i neo assunti: la solita porcata italiana fatta sempre con l’interesse dei sindacati; norma discriminatoria tra vecchio e nuovo, non basta quanto hanno succhiato il sangue alle casse Inps e dello Stato i lavoratori in cassa integrazione all’80% per anni? Dio solo lo sa. Ma tornando ai sindacati, quelli più in voga soprattutto da almeno 40 anni e di tutte le sigle, che sotto forma di Associazioni Private gestiscono miliardi di € con entrate derivanti da tesseramenti, sponsorizzazioni e benefit statali(15 € per ogni modello 730 precompilato dal contribuente) etc… Di contro, si parla tanto in giro di assunzioni part-time in nero dappertutto, perfino nei c.d. front-office (quei punti ufficio sparsi in giro per le città) che entrano in contatto con i comuni cittadini, lavoratori della piccola impresa (quella con < 15 dipendenti) ed i pensionati. I loro bilanci si dice siano fallsi e penso anch'io lo siano altrimenti non spiegherebbero certe cose. Sindacati che sono stati – diceva il mio povero papà, lui che ha fatto la guerra in Grecia nel 41/43 – la vera rovina dell'Italia, e per rendervene conto andate a visitare il seguente link:
    http://notizie.virgilio.it/videonews/in-pensione-con-solo-mese-di-contributi-denuncia-delle-iene.html

  2. I sindacati difensori dei lavoratori , hanno iniziato bene , ma razzolato male e ci stanno conducendo sempre più nella cacca . Se i nuovi assunti (che saranno di sicuro un numero esiguo , non saranno più tutelati , bisognerà attendere ancora 40 anni fino a che i vecchi contratti non andranno tutti in scadenza . Di fatto i contratti di serie “A” godranno ancora per moltissimo tempo , chi vivrà potrà vederne i benefici , mentre quelli di serie “M…A” seguiteranno a soffrire da subito e forse in eterno . Il lavoro deve essere retribuito in funzione del merito , non per l’anzianità o l’appartenenza a settori forti o protetti . un ottimo meccanico può essere quello di una piccola officina , non necessariamente quello della ferrari . Lo stato deve tutelare in egual modo tutti se può , altrimenti nessuno.

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