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FISCO, SULLE RUOTE ITALIANE PESA UN CARICO DA 71,6 MILIARDI

Le ruote italiane, siano esse sotto automobili, motociclette o veicoli commerciali, sopportano un peso fiscale di quasi 72 miliardi di euro, venti volte il valore della Tasi pagata fino allo scorso anno dai proprietari di una prima casa; o ancora, più del doppio dei 30,4 miliardi di Irap versati dalle imprese. E’ questo il risultato di un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia, che arriva a sostenere che “la tassazione su questo settore ha raggiunto livelli non più sopportabili”. Il parco di 37 milioni di auto e 6,8 milioni di due ruote messo sotto analisi, nel 2009, generava un gettito fiscale inferiore di 5,3 miliardi rispetto ai livelli attuali. Significa che, nonostante il rallentamento delle vendite dovuto alla crisi (solo negli ultimi tempi si è vista una netta inversione di tendenza), la pressione fiscale sul comparto è cresciuta dell’8%. Dati sensibili per una popolazione che vanta uno dei tassi di motorizzazione più alti d’Europa: dopo la flessione del 2012 e 2013, ha segnato un lieve rialzo l’anno dopo (secondo l’Istat) con quasi 610 autovetture per mille abitanti. A pochi giorni dal lancio dell’idea di tagliare il bollo auto da parte del premier Renzi, in cambio di un aumento delle accise, – strada che, al momento, non sembra dare seguiti immediati – l’associazione degli artigiani di Mestre rielabora i dati Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) e rileva che oltre l’80% dei 71,6 miliardi di euro di tasse prelevati dall’automotive è riconducibile all’utilizzo del parco circolante, il 9,5% all’acquisto e l’8,5% alla tassa di possesso. Il piano di spostare il peso del fisso sull’utilizzo del veicolo (penalizzando il carburante) piuttosto che sul possesso trova i dubbi della Cgia: “In linea di principio – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo – la proposta sembra allettante, anche se dai nostri conteggi questa misura, compensata con l’aumento dell’accisa di 0,16 euro al litro, avvantaggerebbe, in particolar modo, coloro che fanno pochi chilometri ed hanno un auto di grossa cilindrata. Mentre chi utilizza il mezzo per motivi professionali – come gli autotrasportatori, i taxisti, gli autonoleggiatori con conducente e gli agenti di commercio subirebbero un fortissimo danno economico”. Proprio dai carburanti deriva infatti più della metà del gettito totale dai mezzi su gomma: “Tra Iva e accise, nel 2014 (ultimi dati disponibili) abbiamo versato all’Erario 37 miliardi di euro (+ 23,2 per cento rispetto al 2009). Anche se l’importo è nettamente inferiore alla voce precedente, va segnalato il gettito dell’Iva che grava sulla manutenzione e la riparazione/acquisto di ricambi, accessori e pneumatici che, seppur in calo, è stato di 9,27 miliardi (-9,6% rispetto al 2009)”, dice la Cgia. Il bollo auto, invece, ha garantito alle regioni italiane 6,1 miliardi di euro (dal 2009 +7,6%), mentre la crisi delle vendite ha fatto scendere a 5,4 miliardi di euro l’Iva incassata dall’erario sugli acquisti di auto e moto. Allo stesso livello di gettito sono saliti i prelievi che gravano sui parcheggi e le contravvenzioni, mentre le imposte sull’Rc auto hanno toccato quota 4,2 miliardi di euro (+3,2% dal 2009). Se c’è un settore che non ha conosciuto crisi, è quello delle autostrade che d’altra parte interessano molto anche i gruppi stranieri (si veda l’acquisto della Serenissima da parte degli spagnoli di Abertis). La Cgia registra un vero e proprio boom per i pedaggi autostradali. “Nonostante il forte calo del traffico autostradale, il gettito fiscale relativo ai pedaggi ha raggiunto 1,8 miliardi di euro (+46,5% rispetto al 2009). E sebbene le Province abbiano chiuso i battenti, l’imposta provinciale di trascrizione è aumentata del 16,1%, toccando la quota di 1,3 miliardi di euro. Le imposte sui lubrificanti, infine, hanno pesato per poco più di 900 milioni di euro e in questi 5 anni sono cresciute del 3,4%”.

 

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