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IL FLOP DEL BONUS CULTURA: I DICIOTTENNI HANNO SPESO IL 6,3% DEI SOLDI STANZIATI

 

Il Bonus Cultura naviga in brutte acque. Anzi, rischia il naufragio. Al centro del dibattito politico per settimane, tra il governo Renzi che prometteva soldi ai neodiciottenni per la loro crescita culturale e l’opposizione che parlava di «mancetta elettorale», il provvedimento è sparito dai radar. Ma in questi mesi, in redazione, hanno continuato a piovere lettere di maggiorenni freschi di compleanno alle prese con il farraginoso meccanismo burocratico studiato per permettere ai ragazzi di ottenere gli agognati 500 euro governativi.  

Prima l’attribuzione dell’identità digitale. Quindi l’iscrizione al portale 18App. Infine la ricerca affannosa di enti culturali e punti vendita che, nel proprio comune, avessero aderito all’iniziativa. L’iter imposto ai neomaggiorenni italiani sembrava più doverli preparare all’impatto con la burocrazia italica, piuttosto che ampliare i loro orizzonti culturali.  

Il risultato: il governo è stato costretto a prolungare la scadenza dei termini di iscrizione – inizialmente prevista per il 30 gennaio scorso – fino al 30 giugno 2017 nella speranza di far decollare l’iniziativa. Al 17 gennaio scorso, in teoria ad appena due settimane dal precedente termine per iscriversi, i diciottenni erano riusciti a spendere appena il 6,3% di quanto stanziato. Dove si è inceppata la macchina?  

La nuova identità digitale   

Ottenere l’identità digitale era il primo passaggio per arrivare ad avere il Bonus Cultura. Lo Spid, per inteso, serve anche ad altro e sicuramente il miraggio dei 500 euro ha spinto molti diciottenni a registrarsi al nuovo servizio. Ma avere lo Spid non è così semplice come appare, ci scrivevano i diciottenni. E in effetti le difficoltà emergono dai dati. Per l’Istat al 1° gennaio 2016 in Italia c’erano 572.437 diciassettenni (che, per logica matematica, sarebbero diventati maggiorenni entro l’anno). Secondo i dati che ci ha fornito l’Agid, l’Agenzia per l’Italia Digitale che gestisce lo Spid, al 17 gennaio però i diciottenni con identità digitale erano 286.095: esattamente la metà.   

L’App del governo   

Il secondo passaggio era l’iscrizione a 18App, la piattaforma online studiata appositamente per il Bonus Cultura. Qui i numeri si restringono ulteriormente. Sempre al 17 gennaio, secondo la Presidenza del Consiglio, erano 230.000 gli iscritti, ovvero circa il 40 per cento degli aventi diritto.  

Spesa deludente   

È guardando agli esiti finali, però, che si ha la percezione che davvero qualcosa non ha funzionato. Sempre secondo i dati della Presidenza del Consiglio a metà gennaio erano stati staccati 200.000 coupon per negozi fisici e 350.000 per rivenditori online per una spesa totale rispettivamente di 6 e 12,5 milioni. Un po’ pochini considerando i 290 stanziati. Da Palazzo Chigi spiegano: «Riteniamo questo dato normale: da quello che leggiamo sui social molti sono in attesa della stagione estiva per i concerti o di settembre per l’acquisto di libri scolastici». L’impressione, tuttavia, è un’altra e se ne trovano indizi proprio nella sproporzione tra gli acquisti online e sul territorio.  

La mancata copertura   

Empiricamente, dalle lettere arrivate, l’inghippo ci sembrava piuttosto la scarsità di adesioni all’iniziativa da parte di librerie, cinema, teatri, musei, negozi musicali e rivenditori di biglietti. Molti diciottenni, pur avendo superato le prime fasi burocratiche, si lamentavano di un’unica cosa: «Non sappiamo dove spenderli». Tanto che qualcuno ha cominciato a «rivendersi» il bonus in cambio di soldi.  

Per capire se le cose stavano così abbiamo chiesto alla Presidenza del Consiglio di inviarci l’elenco completo dei negozi fisici aderenti all’iniziativa, comune per comune. Non l’abbiamo ottenuto. Ci è stato però fornito un dato di massima: 7000 punti vendita. Era una cifra plausibile? Abbiamo verificato lanciando un software che ha interrogato la piattaforma 18App per ognuno degli 8000 comuni italiani. Abbiamo fatto svolgere una controprova da un informatico esterno al giornale. I nostri dati sono coerenti, ma non con quelli della Presidenza: il 24 gennaio sulla piattaforma si potevano trovare solo 4270 negozi fisici e concentrati nelle città. In pratica in 7 comuni su 8 non c’era un solo esercizio aderente. Prolungare i termini di scadenza è certamente utile. Ma se non si vuole che il Bonus Cultura sia un totale flop sarà necessario implementare la rete dei rivenditori. 

Fonte: La Stampa

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