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IL TICKET SANITARIO CAMBIA, SI PAGHERA’ SULLA BASE DEL REDDITO (E ADDIO SUPERTICKET)

Ticket sanitario, si cambia: presto la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria sarà infatti calcolata in base al reddito, ovvero secondo un criterio di progressività, per cui «chi ha di più paga di più e chi ha di meno paga di meno», mentre sarà eliminato il tanto contestato super-ticket sulle prestazioni specialistiche ed ambulatoriali. È una rivoluzione quella prospettata dal ministro della Salute Roberto Speranza che, illustrando le decisioni dell’ultimo Consiglio dei ministri, annuncia anche un aumento di 2 mld di euro per il Fondo sanitario nazionale nel 2020 rispetto al 2019.

«Abbiamo deciso di collegare alla Finanziaria un ddl di riordino della materia dei ticket – ha spiegato il ministro in un video su Fb – che è la modalità di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria. Lo faremo con un criterio di progressività». Oggi infatti, ha rilevato, «di fronte a un ticket sanitario non conta quanti soldi hai e non conta se sei un miliardario o una persona in difficoltà economica. Al di là delle soglie di esenzione, si paga sempre la stessa cosa. Io credo che su questo si possa intervenire con un principio molto semplice: chi ha di più deve pagare di più».

Un cambiamento che, secondo Speranza, guarda allo stesso l’articolo 32 della Costituzione, che dice che la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della collettività: «È l’idea – sottolinea – di un Sistema sanitario universale in cui non conta quanti soldi hai, in che Regione vivi o il colore della tua pelle, perché hai un diritto sacrosanto ad essere curato, e su questo ci impegneremo nei prossimi mesi». Quanto al super-ticket, è «un balzello di 10 euro che purtroppo non consente a troppi cittadini di accedere al Servizio sanitario: ieri al Consiglio dei ministri abbiamo scritto per la prima volta che il super-ticket è sbagliato, produce diseguaglianze e quindi ci impegniamo a superarlo», ha assicurato Speranza, affermando che si batterà «nei prossimi mesi perché questo avvenga nel più breve tempo possibile».

Attualmente, come emerge dal recente Rapporto Gimbe 2019, in Italia si delinea una vera e propria «giungla dei ticket»: infatti, le differenze regionali riguardano sia le prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni specialistiche, pronto soccorso, etc.) sia gli importi che i cittadini devono corrispondere, sia le regole per le esenzioni. Complessivamente, la compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini nel 2018 sfiora i 3 miliardi di euro: le Regioni hanno cioè incassato per i ticket 2.968 mln (49,1 euro pro-capite), di cui 1.608 mln (26,6 euro pro-capite) relativi ai farmaci e 1.359 mln (22,5 euro pro-capite) per le prestazioni ambulatoriali, incluse quelle di Pronto soccorso. Notevoli le differenze regionali: se il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da 88 euro in Valle d’Aosta a 33,7 euro in Sardegna, per i farmaci l’importo varia da 36,2 euro in Campania a 16 euro in Piemonte, mentre per le prestazioni specialistiche si passa da 64,2 euro in Valle d’Aosta a 8,5 euro in Sicilia. Ma nell’agenda ci sono anche altre priorità: «il primo problema è sicuramente quello della carenza del personale. Ci siederemo subito con le Regioni – ha concluso Speranza – per provare a sottoscrivere nel più breve tempo possibile il nuovo Patto per la salute, in cui affronteremo la questione del personale ma anche liste d’attesa e assistenza sul territorio».

Fonte: IlMessaggero.it

Una risposta

  1. Che senso ha valutare la differenza dei ticket regionali, se non si aggiunge un riferimento alla qualità delle singole prestazioni, tempi di attesa e le varie spese amministrative regionali, comprese quelle dei relativi politici?

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