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POSTE NON SI PRESENTA ALLA CONCILIAZIONE COL RISPARMIATORE SUI FONDI IMMOBILIARI

Prima di andare in causa con tutte le conseguenze e i costi connessi, la legge richiede un tentativo di transazione. E così ha fatto un sottoscrittore di fondi immobiliari alle Poste chiedendo all’azienda di discutere con lui perché quell’investimento ritenuto affidabile si sia liquefatto. Il fondo Obelisco era stato sottoscritto a 2.500 euro, oggi vale poco più di 200 euro, con poche speranze di recupero per la difficoltà del mercato immobiliare.
Le Poste all’incontro fissato per ieri non si sono presentate mandando al loro posto una nota di poche righe: “Con riferimento alla proposta di mediazione indicata in oggetto si comunica che questa società con la presente declina l’invito a partecipare all’incontro previsto per il giorno 11 gennaio 2017, avendo già fornito dettagliata risposta nel merito al cliente”.
E cosa aveva risposto Poste? A marzo 2016 l’ufficio reclami del gruppo aveva recapitato una missiva in cui spiegava come il risparmiatore non aveva alcun diritto al risarcimento perché le condizioni del fondo erano state spiegate a dovere nel prospetto informativo a lui consegnato. “Obelisco – scrivono – è un fondo che investe in beni immobili e diritti reali immobiliari e in partecipazioni in società immobiliari nelle quali il diritto al rimborso viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenza della durata del fondo o al momento della sua liquidazione”. E il fondo Obelisco scade nel 2018.
Il sottoscrittore, tra l’altro, doveva sapere, come scritto nel prospetto che il fondo è “di non agevole liquidità” e ha una connotazione “di lungo termine”. Per le Poste il modulo d’ordine, che allegano alla lettera mandata a marzo, non lascia dubbi: la firma del sottoscrittore significa che ha preso visione delle informazioni sul fondo. Punto e basta, con buona pace di quanto dichiarato alla stampa sulla volontà di risarcire. Se il cliente voleva disfarsi del fondo, lo avrebbe potuto fare in Borsa, nonostante il crollo di valore, e Poste non ha colpe perché ha fornito sempre i rendiconti annuali sull’andamento.
La difesa dell’azienda tira diritto e presuppone di aver di fronte un investitore maturo in grado di capire quanto contenuto nei prospetti informativi, senza prendere in considerazione nemmeno l’potesi di verificare quali siano state le condizioni in cui è avvenuto il collocamento del fondo. La clientela delle Poste è per tradizione abituata a prodotti a basso rischio e non sempre ha una conoscenza evoluta dei prodotti finanziari. Tanto più che allora i fondi immobiliari erano da poco stati introdotti nel mercato retail. Il ministro Pier Carlo Padoan nella sua audizione sul dl banche ha riconosciuto che gli istituti di credito hanno venduto prodotti non adatti alla clientela retail come i bond subordinati. Poste dovrebbe quanto meno chiedersi se non sia avvenuto lo stesso con i fondi immobiliari, prodotti di lungo termine e rischiosi finiti anche nelle tasche di investitori anziani o sprovveduti. Certamente non avrebbe dovuto fare investire l’intero patrimonio su un unico fondo. La profilazione del cliente era comunque d’obbligo per regolamento Consob. Poste l’ha fatta? La domanda è lecita.

Fonte: La Repubblica

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