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Tasi, i comuni non fissano la rata Rischio caos per giugno

Ci risiamo. Si avvicina il debutto della Tasi e il rischio confusione è dietro l’angolo. Moltissimi tra proprietari e inquilini arriveranno al versamento della prima rata senza sapere come dividersi l’onere del tributo. Inoltre, vista l’ampia discrezionalità dei comuni, la diversa composizione di aliquote e detrazioni potrebbe portare – così stima il servizio politiche territoriali della Uil – addirittura a 75 mila Tasi diverse.

Per capire cosa sta succedendo bisogna riprendere il discorso là dove lo si era lasciato. E cioè dal grande tormentone esistenzial-fiscale del precedente governo – Tasi, Trise, Tuc o Tul – che alla fine ha generato la Iuc. L’Imposta unica comunale, però, di unico ha davvero poco. Il tributo, infatti, non è altro che la somma di Imu (la tassazione sulla proprietà dell’immobile, dovuta per le seconde case), Tari (tassa sui rifiuti) e Tasi (imposta sui servizi indivisibili).

I primi a pagare la Tasi saranno i proprietari e gli inquilini degli immobili dati in affitto. Infatti, in questo caso, l’imposta si salda in due fasi. E la prima rata va versata tra un mese, entro il 16 giugno. Il problema è che molti comuni non hanno ancora deliberato l’aliquota della Tasi. Per un motivo molto semplice: il termine che in origine scadeva il 30 aprile è stata prorogato al 31 luglio (lo ha stabilito il decreto Salva Roma). Ora non c’è più fretta. Tanto più che, con le europee alle porte, i sindaci non hanno voglia di mettersi a parlare di tasse.

Quanto si pagherà il 16 giugno? Se manca la delibera del comune, la legge di Stabilità dice che si versa il 50% dell’aliquota base, pari all’1 per mille. Il problema è che una quota della Tasi – compresa tra il 10 e il 30% – è a carico degli inquilini. E su questo devono per forza decidere i comuni. A oggi, però, secondo una verifica di Confedilizia, associazione che rappresenta i proprietari, i municipi che hanno deliberato le aliquote Tasi sono poco più di 900 (erano 300 al 30 di aprile). Certo, da qui a metà giugno qualcun’altro si aggiungerà. Ma i municipi in Italia sono oltre ottomila. Alla fine la stragrande maggioranza di proprietari e inquilini rischia di non sapere cosa versare.

Confedilizia fa la voce grossa. «Siamo alle solite – dice il presidente, Corrado Sforza Fogliani -. Noi ai proprietari consigliamo di pagare il 70% del dovuto e non di più. Non è colpa nostra se al momento di pagare mancano ancora le aliquote». Su un punto l’associazione apprezza l’operato dei comuni. «Dalle nostre verifiche sulle prime 300 delibere abbiamo visto che circa un terzo chiede ai proprietari di pagare il massimo (il 90%). Poco meno di un altro terzo, invece, farà versare loro il minimo. Mentre tutti gli altri si sono regolati nei modi più diversi – spiega Fogliani -. Beh, questa è stata una sorpresa. Eravamo convinti che la maggioranza avrebbe fatto pagare il massimo ai proprietari. Invece i municipi hanno tenuto conto del fatto che spesso tra gli inquilini ci sono anche cittadini abbienti».

Il pagamento della Tasi è il primo nodo della nuova tassazione sulla casa a venire al pettine. A monte c’è la madre di tutte le questioni. E cioè: non sarà che con il gioco delle tre carte (anzi delle tre tasse, Imu-Tari-Tasi) alla fine anche i proprietari di prima casa verranno a pagare di più di quanto si versava quando c’era l’Imu? «Abbiamo fatto una verifica sui comuni capoluogo di provincia che a oggi hanno già deliberato le aliquote. Bene: questa situazione si verificherà in un caso su quattro», stima Guglielmo Loy della segreteria Uil. «Già nel 2007, con il governo Prodi, la riduzione del cuneo fiscale fu finanziata con lo sblocco delle addizionali – continua Loy -. Non vorremmo che anche oggi si ripetesse la stessa cosa».

Come si diceva, la discrezionalità dei comuni è molto ampia. A Bologna, per esempio, sono previste 23 detrazioni diverse a seconda della rendita catastale dell’immobile. «Basterebbe che ogni comune optasse per dieci tipi di Tasi e già il tributo prenderebbe più di 75 mila forme diverse», valuta Loy. Preoccupato soprattutto di un rischio: che il beneficio del bonus da 80 euro in busta paga venga troppo presto annacquato.

 

di Rita Querzé
fonte: corriere.it

2 risposte

  1. Tecnici dei ministeri e politici incapaci di capire ogni problema reale di vita quotidiana. Dare 1.000 max 2.000 euro mese a tutta questa gentaglia allora capirebbero cosa fare ; speriamo si arrivi presto a questo.

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