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Hong Kong, la protesta alza il tiro

Pechino minaccia un intervento ma gli studenti di Hong Kong, che da tre giorni chiedono elezioni libere scendendo in piazza, alzano il tiro: “Occuperemo gli uffici del governo. La protesta aumenterà d’intensità a partire dal 2 ottobre”, ha detto Chow Wing Hong, uno dei segretari generali della Federazione degli studenti della regione amministrativa speciale. Domani in Cina è festa nazionale per il 65° anniversario della presa del potere da parte del Partito comunista, e dunque l’appuntamento è per il giorno dopo.

“Dobbiamo resistere e vi sono le condizioni per farlo”, ha aggiunto un altro leader della protesta Chan Kin Man. Nelle strade il numero dei manifestanti era drasticamente diminuito in mattinata ma nel pomeriggio altre persone erano tornate a unirsi ai sit-in ad Admiralty, centro finanziario della città.

Pechino, intanto, dà tutto il suo appoggio al governatore Leung Chun-Ying, che aveva chiesto la fine “immediata” delle proteste. “I fondatori diOccupy Central (la principale sigla dei dimostranti) avevano detto ripetutamente che se il movimento fosse finito fuori controllo, loro lo avrebbero fermato. Sto ora chiedendo loro di rispettare le promesse e fermare immediatamente questa campagna”, ha detto Leung. Ma i leader di Occupy hanno già respinto la richiesta e anzi hanno ribadito la necessità delle sue dimissioni: “Se Leung Chun-ying annunciasse le sue dimissioni questa occupazione al limite sarà sospesa temporaneamente per un breve periodo per poi decidere la prossima mossa”, ha dichiarato Chan Kin-man, aggiungendo che questo “sarebbe un segnale molto importante che al meno il governo ha cambiato il suo atteggiamento (intransigente) e vuole risolvere la crisi.

Pechino ha invitato i diplomatici che si trovano a Hong Kong di tenersi lontani dalle proteste con una lettera che invita ad attenersi alla Convenzione di Vienna. “Diversi miei colleghi sono rimasti sorpresi dal contenuto della lettera”, ha riferito un diplomatico, che ha voluto mantenere l’anonimato con il South China Morning Post. Se è vero, infatti, che l’art.55 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche sottolinea il dovere del personale di ambasciate e consolati di “rispettare leggi e regolamenti dello Stato ospitante” e di “non interferire negli affari interni ” di quello stesso Stato, è altrettanto vero che all’art.34 la Convenzione “assicura libertà di movimento e di viaggio” ai diplomatici su quel territorio.

Sulla questione interviene anche la Farnesina: “Seguiamo con partecipazione quanto sta accadendo a Hong Kong e auspichiamo che le autorità locali e quelle cinesi, di fronte alle richieste pacifiche di tanti giovani e cittadini, mostrino saggezza e capacità di ascolto”. Nella nota si sottolinea inoltre che “sarebbe bene che si avviasse un dialogo per arrivare a una soluzione condivisa che risponda anche alle legittime aspirazioni di chi chiede il rispetto della Costituzione approvata nel 1997”.

Fonte: avvenire.it

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