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Acquisti di alimentari crollati ai livelli di 33 anni fa, stipendi ai minimi

Crollano le vendite al dettaglio, calano pesantemente gli acquisti di prodotti alimentari, e persino le retribuzioni salgono talmente poco (dell’1,2% su base annua) che pur andando indietro nel tempo, fino al 1982, non si trova un valore così basso. E’ il ritratto di una decrescita annunciata quello stilato dall’Istat, che riferisce i dati del primo trimestre italiano snocciolando una lunga serie di segni «meno».

Persino i discount peggiorano

Partiamo dalle vendite al dettaglio: scendono ancora, in calo a marzo del 3,5% su base annua. Quello che colpisce di più è il peso degli alimentari, che segnano un crollo del 6,8%, come non accadeva dal 1981. Il confronto annuo risente della Pasqua, caduta quest’anno ad aprile, mentre nel 2013 era in calendario a marzo. Ma comunque le vendite non sono andate bene. Ne è una riprova il dato sul confronto mensile, con l’Istat che registra un ribasso dello 0,2%, risultato di una diminuzione per il comparto alimentare (-0,4%) e di uno stallo per il resto dei settori. Tornando ai dati anno su anno, tra i diversi capitoli di spesa, l’Istituto di statistica rileva ribassi in quasi tutti i gruppi di prodotti, con l’eccezione di calzature, articoli in cuoio e da viaggi (+2,6%) e utensileria per la casa e ferramenta (+1,1%). Le flessioni più forti, invece, toccano i comparti cartoleria, libri, giornali e riviste (-5,4%) e dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (-4,8%). In decisa flessione anche il settore mobili, articoli tessili, arredamento (-3,2%). E pure questa volta non si salvano le vendite di prodotti farmaceutici (-0,8%). Per quanto riguarda i canali di vendita, i piccoli negozi arretrano del 2,3% in termini tendenziali, mentre la grande distribuzione registra una caduta ancora maggiore (-5,1%). Perfino i discount alimentari segnano un calo (-1,5%), sempre come conseguenza del confronto con marzo 2013, mese arricchito dalla Pasqua. Ancora peggio è andata per supermercati (-6,9%) e ipermercati (-7,1%).

Chiusi 20 mila negozi in 4 mesi

Sconsolato il commento delle Associazione dei Consumatori «Il potere d’acquisto dei cittadini – è tornato indietro di 25 anni, scendendo dell’8,1% negli ultimi due anni. Per tale motivo il 2014 non potrà far segnare alcuna ripresa sul fronte dei consumi e delle vendite». Anche la Coldiretti interviene: «A causa della crisi, la spesa alimentare per abitante, che era sempre stata tendenzialmente in crescita dal dopoguerra fino a raggiungere l’importo massimo nel 2006, è iniziata a crollare da allora, progressivamente ed in misura crescente ogni anno». E Confesercenti rileva che in quattro mesi sono stati chiusi più di ventimila negozi, 166 al giorno: «Da gennaio ad aprile il comparto ha visto chiudere 2.789 attività per un saldo finale negativo di 1.099 imprese».

Paghe sempre più fiacche

Un altro dato preoccupa: la crescita degli stipendi è sempre più fiacca, toccando ad aprile il tasso di variazione più basso almeno da 32 anni a questa parte, il tempo di una generazione. Ma, nonostante tutto, l’aumento delle paghe risulta doppio rispetto all’inflazione. L’Istat ha infatti registrato un incremento annuo nelle retribuzioni contrattuali orarie di appena l’1,2%, come mai era accaduto dall’avvio delle serie storiche (1982). Eppure i salari fanno meglio dei prezzi, con un sollievo per le tasche degli italiani, in termini di potere d’acquisto. L’inflazione infatti ad aprile è risultata pari allo 0,6%. Il merito, in quella che assomiglia ad una corsa al ribasso, va tutto all’inflazione, con la frenata dei listini che quindi è più forte di quella delle retribuzioni.Drammatici anche i dati sui lavoratori: alla fine di aprile la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è del 61,6% nel totale dell’economia e del 50,3% nel settore privato: insomma sei su dieci sono in fila. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 28,3 mesi per l’insieme dei dipendenti e di 14,5 mesi per quelli del settore privato. Ad aprile i contratti in attesa di rinnovo sono 45 (di cui 15 appartenenti alla Pa) relativi a circa 7,9 milioni di dipendenti (di cui circa 2,9 milioni nel pubblico impiego).

di Valentina Santarpia
fonte: il corriere.it

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