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DONNE: QUASI UNA SU TRE LASCIA IL LAVORO DOPO UN FIGLIO. IL 52% DELLE PENSIONI SOTTO MILLE EURO

Una vita in salita, sia sul lavoro che dopo. E’ quella delle donne, secondo il ritratto che ne ha fatto l’Istat per bocca di Linda Laura Sabatini – direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali – in audizione alla Commissione Lavoro della Camera. Il 30% delle donne occupate ha lasciato il lavoro dopo la gravidanza, ha affermato spiegando che il tasso di abbandono del lavoro per le donne nate dopo il 1964 è al 25% e che il dato risente della crisi, essendo peggiorato tra il 2005 e il 2012. “Il problema delle interruzioni del lavoro è critico per le donne – ha sottolineato Sabatini – perchè si traducono in uscite prolungate di almeno 5 anni in almeno il 60% dei casi”. Se si estende lo sguardo oltre la maternità, emerge comunque che quasi una donna su quattro (22,4%) con meno di 65 anni interrompe l’attività lavorativa per motivi familiari, contro appena il 2,9% degli uomini. Oltre ad avere più interruzioni per motivi familiari, i percorsi lavorativi delle donne sono più spesso caratterizzati da lavori atipici: tra gli occupati, di età compresa tra i 16 e i 64 anni nel 2009 solo il 61,5% delle donne ha avuto un percorso interamente standard, contro il 69,1% degli uomini. Se il gap di genere è forte nella carriera lavorativa, anche una volta chiuso il capitolo del lavoro restano sostanziali divergenze. Nel 2014 la maggioranza delle donn (52,8%), rispetto ad appena un terzo degli uomini, ha percepito redditi pensionistici mensili inferiori ai mille euro; il 15,3% è sceso sotto i 500 euro. I dati, pur ancora provvisori, sono di grande efficacia. Il 10,2% delle pensionate percepisce un reddito mensile pari o superiore ai duemila euro (rispetto al 23,9% dei pensionati). I redditi pensionistici maschili mostrano una disuguaglianza – misurata dal rapporto tra ultimo e primo decile – maggiore (6,6) di quella osservata per i redditi femminili (5,4). Dall’Istat è arrivata anche una stima sulla platea dei potenziali destinatari delle misure flessibilità in uscita dal lavoro allo studio del governo in vista della prossima Stabilità: comprende quasi due milioni di persone (1 milione 989 mila 5), di cui i due terzi sono uomini. “Tra le persone di 58-63 anni”, ha sottolineato Sabbadini, è peraltro aumentato il numero di quelle in cerca di lavoro, 111 mila disoccupati nel secondo trimestre 2015, e il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato (da 3,0% a 5,3% tra il secondo trimestre 2008 e il secondo del 2015).

 

Fonte: repubblica.it

Una risposta

  1. Questi dati sono assurdi e senza senso, e discriminatori verso l’uomo, infatti per esempio non si dice che le donne vanno in pensione 5 anni prima degli uomini nonostante la media di vita è di 5 anni di più per le donne, queste non sono divergenze di genere importanti?????????????????? Poi gli uomini fanno i lavori più pesanti e pericolosi, è ovvio che poi le pensioni dovrebbero essere maggiori, che volete voi che un carpentiere che si ammazza di lavoro morendosi di caldo d’estate e morendosi di freddo d’inverno che basta un passo per cadere da un’impalcatura e morire, debba prendere lo stesso stipendio (quindi la stessa pensione) di una segretaria che scrive quattro cazzate davanti il computer in un ufficio con l’aria condizionata ed il riscaldamento?????????????? Poi per quanto riguarda l’abbandono del lavoro da parte delle donne dopo aver avuto un figlio, nessuno le obbliga, è una scelta loro anzi dovrebbe essere considerato un privilegio continuare a vivere senza lavorare con un uomo che sicuramente si ammazza di lavoro per lei e per il figlio, quella è la vera discriminazione di genere………………

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