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GOOGLE, FISCO ITALIANO ALL’ATTACCO: “PAGHI 300 MILIONI”

La procura di Milano e la Guardia di finanza presentano il conto al colosso statunitense di Internet, Google. Dal 2008 al 2013, il motore di ricerca di Mountain View ha evaso il fisco italiano per circa 300 milioni di euro. È proprio questa la somma contenuta nel “processo verbale di accertamento” che i militari stanno notificando in queste ore ai manager italiani della multinazionale.

Dopo l’apertura dell’inchiesta penale per “dichiarazione fraudolenta” da parte del dipartimento guidato dal procuratore aggiunto milanese, Francesco Greco – il sostituto titolare del fascicolo è Isidoro Palma – a Google viene imputato di aver evaso le tasse per una cifra pari a 800 milioni, facendo risultare sede fiscale della società l’Irlanda e non l’Italia. Dopo mesi di trattative tra le parti – accordi trapelati ma poi smentiti, offerte che si aggiravano tra i 150 e i 200 milioni fino a poche settimane fa – l’atto formale firmato dalla Guardia di finanza, mette sostanzialmente Google con le spalle al muro. “Google rispetta le normative fiscali in tutti i Paesi in cui opera. Continuiamo a lavorare con le autorità competenti “, è la replica dell’azienda.

D’ora in avanti proseguirà il contenzioso penale – fino ad ora senza indagati – e quello amministrativo, con l’agenzia delle Entrate. Se Google deciderà di chiudere la partita, potrebbe “accontentarsi ” di versare una cifra che si aggira tra i 220 e i 270 milioni. Una forbice piuttosto variabile, per una serie di incognite che restano sul campo e che sono estremamente complesse da calcolare. Altrimenti, il contenzioso potrebbe anche concludersi con un conto finale decisamente superiore, caricato di penali e una cifra sostanziosa di interessi.

Ieri, in prima pagina sul quotidiano londinese, The Times, si inneggiava al successo ottenuto dai magistrati milanesi nella lotta al fisco, ricordando i 318 milioni versati da Apple per chiudere a dicembre un’inchiesta molto simile, e annunciando l’imminente accordo anche con Google per 113 milioni di sterline. A differenza di Google, su Apple in realtà si è abbattuta un’operazione a tenaglia tra Entrate e Dogane, avviata con un “verbale di constatazione “, che imputava un miliardo di imponibile non versato, e che si è concluso con un “accordo di accertamento “, con un bonifico da 318 milioni di euro versato al Fisco poco dopo Natale. Non solo, la casa della Mela fondata da Steve Jobs, ha accettato senza obiezioni i calcoli effettuati dai funzionari delle Entrate.

Su Google, l’iter è stato invece differente. “L’Italia fa vedere come mostrarsi risoluti con Google”, titolava ieri il quotidiano della City. Ricordando anche come molti altri Paesi europei, perseguendo multinazionali americane per gli stessi reati, non fossero in realtà ancora riusciti a trovare alcun accordo sull’entità delle tasse da fare versare. Tra gli esempi citati, la Francia. Dove per Google – sempre secondo i dati de The Times – il contenzioso con il fisco transalpino ammonta a 500 milioni di euro. Proprio in questi giorni, inoltre, il governo di David Cameron, ha invece concluso tra molte polemiche la “partita” con il motore di ricerca di Mountain View per 130 milioni di sterline a dispetto di un imponibile teorico calcolato in quasi 4 miliardi.

Di certo, quello che sta emergendo in queste ultime settimane è il chiaro segnale di un cambiamento di aria per il rapporto tra l’Europa e le società estere che, fino a qualche mese fa, attraverso presunte “esterovestizioni” (localizzazione fittizia all’estero della sede fiscale), pagavano le tasse in Paesi che prevedono fiscalità nettamente più vantaggiose.
Un cambio d’aria più volte auspicato dal Commissario Ue per il commercio, Pierre Moscovici, che secondo il Financial Times avrebbe già pronto un piano d’intervento per evitare che il pagamento delle tasse venga effettuato in Paesi europei con regole fiscali meno onerose.

In realtà, l’atto formale che la Guardia di finanza ha notificato su ordine della procura milanese, non è esattamente la conclusione della pratica. Anzi. È solo l’inizio di una ulteriore battaglia legale.

È stato un calcolo particolarmente difficile quello condotto per arrivare a stimare i circa 300 milioni di evasione. Circa un terzo, sarebbe “l’imponibile sottratto a tassazione “, i due terzi di “ritenute non operate”.

I finanzieri, oggi, sono convinti di aver accertato come nel quinquennio incriminato – 2008-2013 – Google Italia abbia registrato gli attivi nei bilanci di altri Paesi – soprattutto in Irlanda – dove la tassazione è favorevole (poco più del 12%) di oltre la metà rispetto a quella del Belpaese. Per chiudere definitivamente la partita, con tutta probabilità, servirà dunque altro tempo.

Fonte: Repubblica

2 risposte

  1. Meno male che il fisco si accanisce anche contro i colossi della comunicazione, oltre che con i poveracci. Ma allora, se Google ha evaso per 300 milioni, perché potrebbe patteggiare per 220 ? Li ha evasi o no 300 milioni? O la Guardia di Finanza ha fatto male i conti, oppure Google dovrebbe pagare la cifra contestata per intero. Che criterio di misura viene usato? Non mi risulta che se a un comune cittadino Equitalia invia un conto, facciamo il caso, di 3000 euro si possa patteggiare per 2200. Vuoi vedere che anche le tasse sono un’opinione? E chi ha tanti soldi per far valere la sua alla fine paga la metà?

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