Cerca
Close this search box.

Inflazione, ecco le regioni e le città più care: cambia la geografia

Ad aprile nuova stangata sui prezzi. Come rileva l’Istat, il rallentamento dell’inflazione che si era registrato nei mesi scorsi si ferma e riparte la corsa dei rincari, a causa del rialzo dei prezzi dell’energia non regolamentati, il cui andamento riflette un aumento su base mensile del 2,3% (lo scorso anno era -3,9%).

Si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, il cosiddetto NIC, che si calcola al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,4% su base mensile e dell’8,2% su base annua, da +7,6% nel mese precedente; la stima preliminare era +8,3%.

Secondo i dati Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, il tasso d’inflazione annuale dell’area dell’euro si è attestato al 7% nell’aprile 2023, in aumento rispetto al 6,9% di marzo. Un anno prima il tasso era del 7,4%. L’inflazione annuale dell’Unione Europea è stata dell’8,1% ad aprile 2023, in calo rispetto all’8,3% di marzo. In Italia, dove l’aumento dei prezzi è più alto degli altri Paesi Ue, ad aprile il dato è di +8,7%, in aumento rispetto all’8,1% di marzo

PUBBLICITÀ

Indice

Inflazione: i dati Istat di aprile 2023

Ad aprile la variazione tendenziale – cioè rispetto allo stesso mese del 2022 – dell’indice generale dei prezzi al consumo torna a salire principalmente per l’accelerazione dei prezzi delle divisioni di spesa che includono i prodotti energetici, cioè di abitazione, acqua, elettricità e combustibili (da +15,1% a +16,9%) e dei trasporti (da +2,6% a +5,1%), a cui si aggiunge un’accelerazione meno marcata ma pur sempre palpabile dei prezzi di ricreazione, spettacoli e cultura (da +3,9% a +4,9%), dei servizi ricettivi e di ristorazione (da +8,0% a +8,4%) e degli altri beni e servizi (da +3,8% a +4,4%).

Queste dinamiche – spiega l’Istat nel suo report – sono state solo in parte compensate dalla decelerazione dei prezzi dei prodotti alimentari e bevande analcoliche (da +13,2% a +12,1%), di mobili, articoli e servizi per la casa (da +7,8% a +7,4%) e delle comunicazioni (da +0,9% a +0,4%). Ma non è abbastanza.

L’inflazione di fondo, cioè quella che non tiene conto degli energetici e degli alimentari freschi, registra un lieve rallentamento da +6,3% a +6,2%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,4% a +6,3%.

Gli effetti che possiamo vedere oggi sono stati solo in parte compensati dalla flessione più marcata dei prezzi degli energetici regolamentati (da -20,3% a -26,7%) e dal rallentamento di quelli degli alimentari lavorati (da +15,3% a +14%), degli alimentari non lavorati (da +9,1% a +8,4%), della casa (da +3,5% a +3,2%) e dei trasporti (da +6,3% a +6%).

Osservando il settore alimentare, si nota quindi come i prezzi dei prodotti lavorati, come anche quelli dei beni non lavorati, rallentino leggermente la loro crescita, portando proprio a una sottile contrazione dell’inflazione di fondo. Frena fortunatamente anche la corsa dei prezzi del carrello della spesa, scesa a +11,6%.

Da notare, secondo quanto emerge dal rapporto di Italmercati, che in questo contesto di “poli-crisi”, come vengono chiamate, che stanno colpendo tutti gli operatori del sistema economico italiano, i mercati alimentari all’ingrosso stanno dimostrando un trend interessante, riuscendo a ritagliarsi un ruolo nobile di ammortizzatori dell’inflazione all’interno della filiera agroalimentare estesa.

Cos’è aumentato di più ad aprile

Ecco gli aumenti maggiori di prezzo, per settore:

  1. abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+16,9%)
  2. prodotti alimentari e bevande analcoliche (+12,1%)
  3. servizi ricettivi e ristorazione (+8,4%)
  4. mobili, articoli e servizi per la casa (+7,4%)
  5. trasporti (+5,1%)
  6. ricreazione, spettacoli, cultura (+4,9%)
  7. altri beni e servizi (+4,4%)
  8. bevande alcoliche e tabacchi (+4,3%)
  9. abbigliamento e calzature (+3,3%)
  10. servizi sanitari e spese per la salute (+1,5%)
  11. istruzione (+0,9%)
  12. comunicazioni (+0,4%).

La geografia dell’inflazione: le regioni più care

Dando uno sguardo alle geografia dell’inflazione, è chiaro che i prezzi corrono un po’ ovunque. L’inflazione è più alta di quella nazionale nelle Isole (da +8,4% di marzo a +8,8%) e nel Nord- Ovest (da +7,8% a +8,4%,), mentre risulta inferiore nel Centro (da +7,8% a +8,1%), al Sud (da +7,2% a +8,1%) e nel Nord-Est (da +7,3% a +7,7%).

La media nazionale è pari a 8,2%. Ecco le regioni con gli aumenti più consistenti ad aprile, rispetto a marzo (qui i prodotti alimentari che erano aumentati di più a marzo):

  1. Liguria (+9,7%)
  2. Sicilia (+8,9%)
  3. Umbria (+8,8%)
  4. Toscana e Piemonte (+8,7%)
  5. Abruzzo e Puglia (+8,6%)
  6. Sardegna (+8,5%)
  7. Trentino Alto Adige (+8,2%)
  8. Lombardia, Marche e Calabria (+8%)
  9. Val d’Aosta e Campania (+7,9%)
  10. Emilia-Romagna (+7,8%)
  11. Lazio, Veneto, Friuli Venezia Giulia (+7,7%)
  12. Molise (+7,4%)
  13. Basilicata (+5,9%).

Le città grandi più care

Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluogo di regione con più di 150mila abitanti, l’inflazione più elevata si osserva a Genova (+9,7%), Palermo (+9,3%) e Messina (+9,1%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Catanzaro (+6,8%) e a Potenza (+5,8%).

Ecco le città più care in Italia oggi:

  1. Genova (+9,7%)
  2. Palermo (+9,3%)
  3. Messina (+9,1%)
  4. Catania e Milano (+9%)
  5. Perugia (+8,9%)
  6. Firenze (+8,8%)
  7. Ravenna e Torino (+8,6%)
  8. Bolzano e Livorno (+8,5%)
  9. Modena (+8,3%)
  10. Bologna e Bari (+8,2%)
  11. Trento e Venezia (+8,1%)
  12. Padova(+8%)
  13. Aosta (+7,8%)
  14. Roma e Napoli (+7,7%)
  15. Rimini (+7,6%)
  16. Brescia (+7,5%)
  17. Cagliari, Verona e Trieste (+7,4%)
  18. Campobasso e Reggio Calabria (+7,3%)
  19. Ancona (+7,2%)
  20. Parma (+7%)
  21. Reggio Emilia (+6,9%)
  22. Catanzaro (+6,8%)
  23. Potenza (+5,8%).

Le città più care, anche tra le piccole

Con uno sguardo allargato che comprenda anche le città più piccole, il costo della vita è cresciuto di più in alcune città rispetto ad altre In testa alla classifica in questo senso c’è Milano, dove l’inflazione tendenziale è pari a +9% – non il dato più alto come abbiamo visto – ma che si traduce in una maggior spesa per le famiglie pari a 2.443 euro in più a nucleo mediamente.

Ecco le città più care oggi, sul totale delle città italiane anche sotto i 150mila abitanti:

  1. Milano (+9%; +2.443 euro a famiglia)
  2. Bolzano (+8,5%, +2.259 euro a famiglia)
  3. Siena (+9,6%, +2.164 euro a famiglia)
  4. Varese (+8,1%, +2.136 euro a famiglia)
  5.  Trento (+8,1%, +2120 euro a famiglia)
  6. Grosseto (+9,4%, +2119 euro a famiglia)
  7. Genova (+9,7%, +2.114 euro a famiglia)
  8. Mantova (+8,3%, +2.107 euro a famiglia)
  9. Como (+7,9%, +2.083 euro a famiglia)
  10. Lecco (+8,2%, +2.082 euro a famiglia).

Le città meno care d’Italia

Dall’altra parte, invece, tra le città più virtuose d’Italia in termini di spesa aggiuntiva più bassa c’è Potenza, con l’inflazione più bassa del Paese (+5,8%) e dove in media si spendono solo 1.145 euro in più. Ma vediamo il dettaglio:

  • Potenza (+5,8%, +11.145)
  • Catanzaro (+6,8%, +1.270 euro)
  • Campobasso (+7,3%, +1.337 euro)
  • Reggio Calabria (+7,3%, +1.363 euro)
  • Cagliari (+7,4%, +1.390 euro)
  • Sassari (+7,8%, +1.404 euro)
  • Bari (+8,2%, +1.423 euro)
  • Ancona (+7,2%, +1.431 euro)
  • Caserta (+7,4%, +1.439 euro)
  • Caltanissetta e Trapani (+8,1%, +1.545 euro).

Fonte: QuiFinanza.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Post recenti

Newsletter Adico

Iscriviti subito alla nostra newsletter, riceverai notizie e informazioni sulle nostre attività!




Con l'iscrizione dai il consenso al trattamento dei tuoi dati personali! Prima di inviare e acconsentire prendi visione dell'informativa sul trattamento dei dati nella sezione privacy policy*

Continuando a navigare nel sito acconsenti all'uso di Cookie Tecnici neccessari che permettono di offrire la migliore esperienza di navigazione, come descritto nell'informatva sulla privacy.