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Istat: un italiano su 10 in povertà assoluta. Coinvolto quasi un milione e mezzo di minori

Tra il 2012 e il 2013, l’incidenza della povertà assoluta è aumentata dal 6,8% al 7,9% (per effetto dell’aumento nel Mezzogiorno, dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all’anno precedente. Povera o quasi una famiglia su cinque

MILANO In Italia 3 milioni e 230 mila famiglie sono sotto la soglia di povertà relativa: significa che quei nuclei, se composti di due persone, spendono meno di quanto avvenga nella media pro capite del Paese, cioè 972,52 euro mensili. Per la precisione, la loro spesa media nel 2013 è stata di 764 euro mensili, in calo dai 793,32 del 2012. Un dato che scende nel Mezzogiorno a 744 euro.

Va ancora peggio al 7,9% dei nuclei, che sono sotto la soglia di povertà assoluta e quindi, secondo le definizioni dell’Istat, non riescono a sostenere la spesa minima necessaria per acquistare quei beni e servizi “considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile”. Allargando le maglie della statistica e tenendo in considerazione anche le famiglie vicine alle soglie di povertà, spiega ancora l’Istat, si arriva alla conclusione che in Italia circa una famiglia su cinque è povera o quasi. Se si guarda al numero di persone coinvolte, quelle in povertà relativa sono il 16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6 milioni 20 mila).

Secondo i dati dell’Istituto di statistica, tra il 2012 e il 2013, l’incidenza di povertà relativa tra le famiglie è risultata stabile (dal 12,7 al 12,6%) praticamente lungo tutta la Penisola; la soglia di povertà relativa, pari a 972,52 euro per una famiglia di due componenti, è risultata invece inferiore di 18 euro (-1,9%) rispetto al valore della soglia del 2012. L’incidenza di povertà assoluta è aumentata dal 6,8% al 7,9%, soprattutto per effetto dell’aumento nel Mezzogiorno (dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all’anno precedente.

La povertà assoluta l’anno scorso è aumentata tra le famiglie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quattro (dall’8,3 all’11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%). Peggiora la condizione delle coppie con figli: dal 5,9 al 7,5% se il figlio è uno solo, dal 7,8 al 10,9% se sono due e dal 16,2 al 21,3% se i figli sono tre o più, soprattutto se almeno un figlio è minore. Nel 2013, 1 milione 434 mila minori sono poveri in termini assoluti (erano 1 milione 58 mila nel 2012).

Quanto alla composizione dei nuclei poveri, l’incidenza della povertà assoluta cresce tra le famiglie con persona di riferimento con titolo di studio medio-basso (dal 9,3 all’11,1% se con licenza media inferiore, dal 10 al 12,1% se con al massimo la licenza elementare), operaia (dal 9,4 all’11,8%) o in cerca di occupazione (dal 23,6 al 28%); ma aumenta anche tra le coppie di anziani (dal 4 al 6,1%) e tra le famiglie con almeno due anziani (dal 5,1 al 7,4%): i poveri assoluti tra gli ultrasessantacinquenni sono 888 mila (erano 728 mila nel 2012).

Nel Mezzogiorno, all’aumento dell’incidenza della povertà assoluta (circa 725 mila poveri in più, arrivando a 3 milioni 72 mila persone), si accompagna un aumento dell’intensità della povertà relativa, dal 21,4 al 23,5%. Le dinamiche della povertà relativa confermano alcuni dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta: peggiora la condizione delle famiglie con quattro (dal 18,1 al 21,7%) e cinque o più componenti (dal 30,2 al 34,6%), in particolare quella delle coppie con due figli (dal 17,4 al 20,4%), soprattutto se minori (dal 20,1 al 23,1%).

A tali peggioramenti, in termini di povertà relativa si contrappone il miglioramento della condizione dei single non anziani nel Nord (l’incidenza passa dal 2,6 all’1,1%, in particolare se con meno di 35 anni), seppur a seguito del ritorno nella famiglia di origine o della mancata formazione di una nuova famiglia da parte dei giovani in condizioni economiche meno buone. Nel Mezzogiorno, invece, migliora la condizione delle coppie con un solo figlio (dal 31,3 al 26,9%), con a capo un dirigente o un impiegato (dal 16,4 al 13,6%), che tuttavia rimangono su livelli di incidenza superiori a quelli osservati nel 2011.

(fonte Repubblica.it/Economia)

Una risposta

  1. Cari Cervelloni. Quesito:come può una famiglia monoreddito , con la retribuzione di un lavoro a tariffa sindacale di 1.000,00 euro mese , a poter pagare un affitto per un alloggio di categoria popolare , che il mercato sanguisuga quota oggi 900.00 euro mese? Vi è qualche senatore a vita che ha il coraggio di dare una risposta?

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