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LA CRISI A TAVOLA, ECCO GLI ALIMENTI A CUI GLI ITALIANI RINUNCIANO

Simona lavora in fabbrica e la bistecca per tutta la famiglia non se la può permettere. Fiorella, contabile in pensione, coltiva l’orto, fa il pane in casa e al ristorante non ci va mai. Ina, moglie di un funzionario di banca, compra solo frutta di stagione e il pesce azzurro che costa meno. Hanno storie, età e finanze diverse ma una cosa in comune: tutte si sono ritrovate a fare i conti con la spesa, i soldi che non bastano. Costrette a ridurre carne e pesce, frutta e verdura, ma anche pasta sulle loro tavole. A lavorare di fantasia, caccia agli sconti e riutilizzo degli avanzi per garantire qualità del cibo in famiglia.

Le loro storie sono il simbolo di un paese che cambia, dove il 12% delle famiglie ha tagliato la spesa alimentare, dove il pranzo che una volta univa gli italiani, ora torna a dividerli per classi sociali: è arrivato il food social gap, racconta un’indagine del Censis. Perché a causa della crisi operai e pensionati hanno ridotto gli acquisti molto di più delle famiglie benestanti. Cosi pranzi e cene diventano metro del divario che si approfondisce sempre di più tra nuclei a basso e ad alto reddito. Lo confermano le statistiche: fotografano una crisi che da Nord a Sud ha cambiato i menù con gravi rischi per la salute.

Nell’ultimo anno, 16,6 milioni di italiani hanno ridotto il consumo di carne, 10,6 milioni quello di pesce, 9,8 milioni la pasta, 3,6 milioni la frutta, 3,5 milioni la verdura. E meno si guadagna più si risparmia nella scelta del cibo: negli ultimi 7 anni la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2% ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4 e tra i disoccupati del 28,4%.

Se si guarda nel frigorifero la disparità sociale è confermata da ogni tipo di cibo: hanno tagliato il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% dei benestanti, sul pesce il 35,8% dei meno abbienti contro il 12,6% dei più ricchi. Per la verdura, il consumo familiare è diminuito del 15,9% tra chi ha basso reddito rispetto al 4,4% dei benestanti. Per la frutta, la riduzione tocca il 16,3% dei meno abbienti e solo il 2,6% delle famiglie più ricche. Senza contare che in media poi il 21% degli italiani ha comprato meno pasta.

“Questo significa che molti non possono permettersi i cibi base della dieta mediterranea. La tavola diventa così luogo di iniquità sociale che produrrà rilevanti costi sociali: sempre più gente malata o obesa”, sottolinea Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. Anche perché peggio si mangia più ci si ammala. Il taglio di proteine e vitamine aumenta il rischio di patologie, dicono gli esperti. Il tasso di obesità, racconta l’indagine, è più alto nelle regioni dove i redditi sono più bassi e la spesa alimentare in picchiata. Come al Sud dove negli ultimi sette anni la spesa è crollata del 16,6 % e il reddito in media è di un quarto inferiore alla media nazionale: qui obesi e sovrappeso sono il 49,3%, quasi metà della popolazione.

Attraverso la tavola si può leggere la storia del nostro paese dal boom economico, con il benessere che cancella malattie come pellagra e scorbuto dovute all’assenza di frutta e al nuovo millennio dove cresce la voglia di cibo genuino. Ora la crisi cambia lo scenario: non mangia carne l’8% delle famiglie benestanti e il 15 di quelle a basso reddito, sottolinea il Censis.

Lo conferma Simona Marchesi, operaia perugina che ha tagliato del 10% della spesa a cui dedicava 400 euro. “A casa carne poca, quella con i nervetti per i bambini che devono crescere, per noi adulti ho riscoperto i legumi come fonte di proteine. Ma io sono fortunata, ho l’orto per la verdura mentre di frutta ne compro poca e di stagione. Il pesce, solo azzurro o con le lische che costa meno come lo sgombro. Biscotti aboliti, faccio io una torta per la mattina. E comunque preferisco rinunciare ad un vestito che togliere qualità dai piatti”.

Stessa filosofia, grandi abilità in cucina e inventiva a casa di Fiorella Villa, che abita col marito anche lui pensionato ad Orsenigo e spende 400 euro al mese per garantire cibo e dolcezze anche a figli e nipoti di passaggio. “Pane, pizza, dolci li faccio a casa, gli avanzi non esistono, tutto si può riciclare. Frutta solo di stagione, verdura dell’orto, carne sì ma non bistecche, piuttosto brasati. E poi bresaola, salmone, formaggi affumicati da mio marito”. Benestante, Ina Marrella vive a Siena col marito funzionario di banca. Lei non ha tagliato la spesa ma ricicla, sceglie e impasta. “Il pesce? Solo azzurro, i figli vorrebbero i bastoncini ma sono cari cosi compro le sogliole e le faccio impanate. Riciclo gli avanzi: la pasta il giorno dopo diventa frittata, i formaggi vanno al forno, faccio conserve, marmellata, biscotti e torte”.

A rileggere le loro storie viene da dare ragione a Simona quando dice: “La crisi la pagano e la risolvono soprattutto le donne che fanno superlavoro a casa e fuori per far quadrare i conti. E miracoli in cucina”.

Fonte: Le Repubblica

2 risposte

  1. L’argomento è di grande attualità sotto molteplici punti di vista. Se parliamo di crisi, le motivazioni da trattare sono talmente vaste che non basterebbe un’enciclopedia ed è possibile che ne emergessero malizie a cui togliere i veli così profonde, che ne usciremmo tutti depressi e frustrati. Poi, quando si toccassero alcuni tasti delicati, legati all’interesse, qualcuno di noi subirebbe senz’altro misure penali. Meglio di no.
    La crisi comunque è una innegabile realtà odierna, ma odierne sono anche molte malattie legate, secondo me, ad un errato modo di alimentarsi. Questo discorso affonda le sue radici in un terreno pregresso alla crisi stessa, anzi oserei pensare che il comportamento che ci ha portato a obesità, lesioni cardiologiche e squilibri di ghiandole a secrezione interna sia legato ad una mentalità comune ai due fenomeni e che ci ha impedito di vedere il baratro legato al nostro futuro.
    Questa è l’epoca del consumismo, l’apertura dei mercati ci ha sorpresi impreparati e desiderosi solo di esplodere verso nuovi spazi. Sono comparsi i supermercati ricchi di tanta merce che deve girare commercialmente con una determinata velocità, e noi non ignoriamo affatto che il potere d’acquisto di ogni azienda è legato alla velocità dello smercio…..e quindi di un guadagno da reinvestire sempre più, sempre più, sempre più…..in un crescendo sempre più necessario al sopravvivere del commercio stesso,in quanto basato sul ciclo vorticoso di domande – offerte da capogiro.
    I prezzi appetibili hanno funzionato da ricatto per i nostri palati, curiosi di novità al pari di quello di un neonato che cresce, ma se a quel neonato offriamo nutrizione eccessiva, diventa obeso sotto i nostri occhi…. E così è successo anche a noi, facendoci superare ogni limite di contenimento e di quantità a spese della nostra salute.
    A questo punto delle mie disperate deduzioni di sempre, da molto tempo non vedo soluzioni nelle mani di governanti o di imposizioni di mercato, perché quanto detto lascia trasparire abitudini e giochi di convenienza di difficile estirpazione…..
    Può essere semplicistico, ma la soluzione è solo in mano alle donne, quelle donne di famiglia intelligenti che sanno evitare le proteine della carne. preferendo le proteine vegetali e scoprendo con intelligenza le altre fonti naturali di alimentazione, o se usano la carne la sanno presentare con parsimonia, piccola quantità in saggia scelta di verdure. Buttare i resti del pasto? perché? La brava cuoca non butta nulla! sa correggere con intelligenza e buon gusto.
    Le Signore di cui parla l’articolo sono uno spiraglio di speranza, le antesignane di un modo di vivere coraggioso,sano, alla portata di tutti e per tutti, sì, anche parlando di crisi. Tutto serve, per forgiare una nuova mentalità!
    ….e se cominciano a muoversi le donne……mi sa che tanti interessi dovranno sparire……..
    “A buon intenditor…poche parole!”

  2. che disastro. io sono ormai anziana e vivo sola. quando
    ho pagato affitto, bollette, spese condominiali, mi rimane una miseria per alcuni medicinali e mangiare….
    niente, carne, niente pesce, poca frutta (semmai un cuc
    chiaino di miele). un paio di uova alla settimana. e poi
    riso , patate , pane . ora ho finito anche l’olio
    buono e ho solo olio di semi di arachidi.
    Ripeto, sono anziana ma ho lavorato una vita e passare la rimanente in queste condizioni è triste

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