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MANOVRA DA 10 MILIARDI. TAGLI ALLE AGEVOLAZIONI FISCALI E NUOVA SPENDING REVIEW

Dieci miliardi, tra spending review e riduzione delle agevolazioni fiscali. Ferve il lavoro tra Palazzo Chigi e Via venti Settembre per mettere a punto il Documento di economia e finanza, che sarà varato venerdì prossimo ed oggetto di un giro di tavolo nella riunione di governo di martedì, subito dopo Pasqua. L’obiettivo primario è quello di non aumentare le tasse, di scongiurare la clausola di salvaguardia che, al netto dei 6 miliardi già realizzati quest’anno, vale circa 10 miliardi di aumento dell’Iva e delle accise dal primo gennaio del prossimo anno (dunque 16 a regime).

Ma anche di non strozzare l’economia e di fare, come ha detto il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan in Parlamento, una manovra “il più espansiva possibile”. Le intenzioni del governo, ancora oggetto di dibattito, già emergono dal corposo Piano nazionale di riforme che dovrà essere presentato a Bruxelles, insieme al Def, e che ne ricalca sostanzialmente i contenuti. La bozza del piano, che Palazzo Chigi avverte di non considerare definitiva, e che la Repubblica è in grado di anticipare, contiene la griglia degli interventi del governo e in pratica ci dice cosa ci aspetterà il prossimo anno.

Le detrazioni fiscali. Occhi puntati sulla nuova spending review: “Il governo -spiega il documento – si impegna ad assicurare ulteriori risparmi pari a 0,45 punti percentuali del Pil nel 2016”, sottolinea la bozza del Programma di stabilità, l’altro documento del pacchetto da spedire alla Commissione europea. Si tratta dunque di 7,2 miliardi che andrebbero a sterilizzare l’aumento dell’Iva, ai quali si aggiungeranno “ulteriori risparmi strutturali che verranno dalla revisione dell’insieme delle tax expenditures come previsto dai decreti attuativi della delega fiscale”.

Invalidità e Asl. Sono otto i punti di intervento sui quali si agirà per ridurre sprechi e rendere più efficace la spesa pubblica. Per gli enti locali si prevede l’allineamento delle regole del Patto di stabilità interno a quelle europee: pareggio di bilancio, costi standard e pubblicazione online degli indici di performance. Nel mirino le aziende municipalizzate: in particolare il documento cita le aziende di trasporto pubblico e quelle di raccolta dei rifiuti che “soffrono di gravi e crescenti criticità di costo”. Terzo punto d’attacco i 10 mila capitoli di spesa dello Stato centrale e la riorganizzazione di Prefetture e delle altre strutture periferiche.

Al quarto punto la creazione di una “unità indipendente di valutazione” degli investimenti pubblici al fine di ridurre i costi. Sul Welfare, il Def annuncia una stretta sulle pensioni di invalidità finalizzata a eliminare le differenze tra Nord e Sud e alla creazione di un nuovo modello di assistenza che ottimizzi il coordinamento tra Inps, Comuni e Asl. Maggiore impatto anche della centrale degli acquisti per i beni della Pubblica Amministrazione. Al settimo e ottavo punto: la razionalizzazione delle detrazioni fiscali e la “ricognizione” degli incentivi alle imprese per una “successiva razionalizzazione”. Nel Pnr si parla anche di riforma della tassazione locale sugli immobili.

Le riforme strutturali. Con il vento di ripresa internazionale che l’Italia deve agganciare la partita è tutta da giocare. Abbastanza scontato che il Pil di quest’anno debba crescere allo 0,7 (più dello 0,6 previsto). Per il prossimo anno – se si punterà all’1,5 per cento, a fronte dell’1,3 previsto da Bruxelles – ci sarebbero margini maggiori. Come pure bisognerà vedere se il governo accetterà di scendere all’1,8 per cento di deficit-Pil, come fissato nel vecchio Def, oppure deciderà di aumentare il deficit e avere più respiro. Sul fronte delle flessibilità ci sono inoltre 7-8 miliardi, cioè lo 0,5 del Pil, che vengono concessi dall’Europa a chi mette in atto riforme strutturali.

Questa clausola sostituirebbe quella sulle “circostanze eccezionali” che ci ha permesso di accedere ad uno sconto nel 2015. Margini si potranno avere anche con la flessibilità concessa agli investimenti, ma per entrambe le facilitazioni bisogna restare saldamente sotto il 3 per cento. L’utilizzo delle due clausole consentirebbe di bypassare l’ulteriore necessità di ridurre il deficit dello 0,3 per cento per rispettare la discesa verso il pareggio di bilancio strutturale prevista per il 2016 e pari a circa 5 miliardi. Se si considerasse anche questo aspetto infatti le necessità della legge di Stabilità 2016 salirebbero a 15 invece dei 10 miliardi previsti.

Interessi e capitali. Sebbene da maneggiare con prudenza, ci sono almeno due poste attive che il governo potrà utilizzare per il biennio 2015-2016. La prima è la riduzione della spesa per interessi, il cosiddetto dividendo della spread, dovuto al programma di acquisto dei titoli pubblici della Bce, che potrebbe ridurre la spesa per interessi per circa 5 miliardi fin da quest’anno. La prudenza tuttavia è d’obbligo visto il rischio implicito nei mercati finanziari. L’altra questione riguarda la voluntary disclosure: la versione definitiva del Def potrebbe cifrare in 3-5 miliardi il gettito aggiuntivo per quest’anno anche se c’è un pericolo messo in evidenza ieri dal Pd Marco Causi: “C’è un grande allarme per il potenziale caos dovuto alla sentenza della Corte costituzionale sui dirigenti dell’Agenzia delle Entrate che mette a rischio il gettito e la stessa griglia del Def”. La soluzione dovrebbe arrivare da un imminente decreto interpretativo da parte del governo che assicuri come gli atti firmati dai dirigenti, a partire dalla voluntary, siano legittimi; poi si procederà all’assetto organizzativo e al bando di nuovi concorsi.

di ROBERTO PETRINI
fonte: repubblica.it

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