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MERCATI IN PROFONDO ROSSO: EUROPA SOTTO PRESSIONE, SPROFONDA L’ASIA

La grande correzione scatenata dai timori sulla Cina, dove è esplosa la bolla finanziaria e l’economia reale dà pericolosi segni di rallentamento, prosegue anche in quest’apertura di settimana. I listini europei trattano in rosso, con Milano che sfiora il -4% in apertura, poi risale leggermente al -2,8%. A Piazza Affari soffrono i titoli bancari, ma anche le società orientate all’export verso Est, come quelle del lusso. Forti ribassi anche sugli altri listini: Londra cede il 2,6%, in linea con Parigi, Francoforte arretra del 2,7%.

Già in mattinata tutti i mercati asiatici hanno trattato in territorio ampiamente negativo. A nulla sono valsi, fino a questo momento, i tentativi di Pechino di invertire la tendenza, permettendo ai fondi pensione degli enti locali di investire sul fronte azionario. Secondo i calcoli di Bloomberg, da quando Pechino ha svalutato lo yuan si sono persi più di 5mila miliardi di dollari di capitalizzazione azionaria in giro per il mondo. Gli analisti puntano il dito contro le autorità del colosso asiatico, accusate fin qui di aver agito in modo frammentato, nell’incapacità di infondere sicurezze agli investitori. La Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (Ndrc), la principale agenzia per la pianificazione economica della Cina, ha confermato comunque i target di crescita per il 2015 e quindi anche l’obiettivo di una crescita del Pil del 7% quest’anno, nonostante le “crescenti pressioni al ribasso”.

La Borsa cinese ha intanto archiviato la peggior seduta dal febbraio 2007, con l’indice di Shanghai che ha chiuso a -8,49% (dopo aver superato il -9% durante la seduta) e ha di fatto eroso tutti i guadagni della grande cavalcata di inizio anno. Le valutazioni delle società quotate restano però altissime: per Bloomberg venerdì scorso erano a una mediana di 61 volte gli utili stimati, contro le 19 volte dello S&P500. Crollo simile per Shenzhen (-7,83%), mentre la Borsa di Tokyo ha terminato le contrattazioni in calo del 4,61%, ai minimi da circa sei mesi sotto il peso dello yen rafforzato. Hong Kong ha limato il 5,2%, Sydney ha perso il 4,3% e nella Corea del Sud, particolarmente esposta al rallentamento dell’economia cinese, l’indice Kospi ha ceduto due punti percentuali e mezzo. Anche la Borsa indiana di Mumbai ha registrato il peggiore esordio mattutino dell’anno, con l’indice Sensex dei 30 migliori titoli che poi si è confermato in caduta di quasi quattro punti percentuali. La rupia sul mercato valutario viene venduta a piene mani e ha toccato un nuovo minimo da due anni, a 66,49 per dollaro. A Taiwan, -4,8% ai minimi da tre anni, il governo non ha escluso di creare un fondo speciale per l’acquisto di azioni. L’indice di riferimento della regione, l’Asia Pacific Index, è arrivato a perdere il 4,9% – il peggior calo da agosto 2011.

“Probabilmente le cose peggioreranno prima di migliorare”, fotografa Nader Naeimi a Bloomberg. “Servirebbero davvero degli aiuti monetari più forti in Cina e una maggiore chiarezza circa la Fed”. Il riferimento è alle decisioni della Banca centrale Usa, che potrebbe evitare il rialzo dei tassi d’interesse – pronosticato per settembre – visto il clima globale d’incertezza. Proprio il non sapere cosa accadrà del costo del denaro negli Usa aggiunge tensione agli investitori, che più d’ogni cosa non apprezzano giocare allo scuro.

A picco anche il prezzo del petrolio: il future sul Wti accusa un tonfo e scivola scivolando sotto i 39 dollari attestandosi a 38,7 dollari, il livello più basso da gennaio del 2009. Ancora più accentuata la flessione del Brent che lascia sul terreno oltre 2 dollari scivolando a 43,3 dollari al barile. Anche in questo caso, bisogna tornare al 2009 per vedere il Brent sotto quota 45 dollari al barile. Oltre alla crisi cinese, sul petrolio incide anche la preoccupazione per l’aumento della produzione iraniana, in un momento di domanda debole. Andamento opposto per l’oro, che torna ad essere il bene rifugio: il metallo giallo è stato risparmiato dal crollo del prezzo delle materie prime, ai minimi dal 1999. Il lingotto a consegna immediata è pagato 1.158 dollari all’oncia con una leggera flessione dello 0,2%, ma resta ai massimi da luglio.

Il crollo dei listini asiatici fa volare l’euro e anche lo yen, cioè le monete considerate beni rifugio. La moneta europea passa di mano a 1,147 dollari ai massimi da inizio anno; il cambio euro/yen è a 138,3 e quello dollaro/yen ai minimi da un mese e mezzo in area 120,6. Il dollaro australiano, spesso considerato una sorta di braccio della liquidità cinese scende ai minimi da sei anni a 0,7201 sul biglietto verde. Continua il deprezzamento del rublo: ne servono più di 80 per acquistare un euro. Si registrano invece tensioni sullo spread, anche in Europa dove si guarda alle elezioni anticipate in Grecia. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi si stabilizza in area 130 punti base, con il rendimento del decennale italiano che si attesta all’1,87%.

Anche Wall Street, a giudicare dai future, si proietta verso la quinta giornata consecutiva di ribassi, in attesa di conoscere i dati sul Pil Usa previsti in settimana (l’agenda dei mercati). Per la Borsa americana si è trattato della peggior settimana dal 2011: i tre indici a stelle e strisce, così come lo Stoxx 600 in Europa, hanno perso oltre il 10% dai loro recenti massimi e sono entrati ufficialmente in correzione. A testimoniare la fase di tensione, il balzo del 46,45% del Vix: l’indice che misura la volatilità dei mercati ed è diventato noto all’apice della crisi come “l’indice della paura” ha messo a segno il quinto maggiore rialzo giornaliero della storia, ma nell’ottova ha registrato un record con un +118,47%.

Una risposta

  1. Nulla di nuovo, i titoli s’ingrossano come rane e quando hanno fatto il pieno di liquidità scoppiano, lasciando agli inesperti o a truffati i resti, con forti perdite, come già successo in europa, negli Usa ecc..
    Auguri!!

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