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«NOI OPERAI E GRAFICI, RICOMINCIAMO COME ASSISTENTI AI PIU’ DEBOLI»

Gerardo Petrilli ha 52 anni, un bimbo da crescere e una moglie. E’ di Torino e fino a cinque anni fa era un operaio metalmeccanico. Lo era fino a quando la Grande Crisi lo ha costretto a ripensarsi daccapo: «Ho cominciato a fare l’asfaltista – racconta – poi anche lo scaffalista nei supermercati. Peccato non ti chiamassero sempre, quando andava bene quattro volte al mese, soprattutto a Natale». Tiziana Coccia, grafica pubblicitaria, ne ha un po’ di meno, un bimbo, un marito saltimbanco come lei nel senso che ha cambiato diversi mestieri per sbarcare il lunario. Con lui ha condiviso un posto in una fabbrica di climatizzatori per auto. Sedici anni fianco a fianco, fino a quando non sono arrivati i cinesi a rilevarla e a lasciare 113 persone per strada. La fase di mobilità diventa però foriera di novità inattese. Perché partorisce suo figlio, prima di rimettersi a caccia di un’occupazione utilizzando i centri per l’impiego pubblici. Vuoto pneumatico. All’agenzia interinale Sinergie trova però orecchie attente. Le propongono di seguire un corso formativo per diventare assistente familiare. Suo marito intanto trova lavoro in un’impresa di verniciature, permettendo loro di superare l’emergenza economica. Ora Tiziana è in attesa di seguire il secondo e il terzo modulo per specializzarsi ulteriormente nell’assistenza ad anziani e disabili.

Il modello olandese

Benvenuti nel modello olandese di politiche attive, da noi sbandierate ai quattro venti eppure mai davvero utilizzate fino in fondo. Soprattutto se il contratto di ricollocazione, fortemente voluto dal giuslavorista Pietro Ichino, sia stato in stand-by per un anno per la mancanza di una circolare del ministero del Lavoro. Soprattutto se questo schema, atto appunto a trovare lavoro a chi lo aveva perso, doveva ad esempio essere utilizzato per i cassintegrati di Alitalia e invece langue in un cassetto. Ecco perché è da registrare con ottimismo l’iniziativa lanciata tre anni fa dalla regione Piemonte che ha elaborato il piano Riattivo. Non sorprende che sia proprio la culla del manifatturiero – il centro nevralgico dell’automobile – a teorizzare che un’altra via è possibile. Il percorso – al quale hanno fatto parte Gerardo, Tiziana e altre 59 persone (la percentuale di ricollocazione è del 91%) – si sostanzia nella collaborazione tra enti formativi e agenzie per il lavoro. L’ente di formazione si occupa della formazione, le agenzie si occupano dei servizi correlati agendo come borsa lavoro per fare incontrare domanda e offerta. Sarebbe anche il modello contenuto nel Jobs Act. Per ora siamo ancora in una fase di enucleazione dei principi, non aiuta il biglietto da visita del contratto di ricollocazione.

di FABIO SAVELLI
fonte: corriere.it

3 risposte

  1. mi chiedo perchè nessuno sia intervenuto allorchè i cinesi comprando quella fabbrica hanno impunemente lasciato a casa 113 operai, 113 famiglie.
    Perchè il nostro governo lascia fare ai cinesi tutto quello che vogliono chiudendo gli occhi su questa vergognosa evidenza

  2. E’ perennemente la legge del profitto spudorato a tutti i costi ,la legge che che fa vendere il padre e la madre pur di ottenere un proprio tornaconto . Continuo a non capire il motivo per cui a perdere il lavoro ed a doversi reinventare più volte nell’arco dell’attività lavorativa ,debbano essere esclusivamente sempre e solo i lavoratori del privato , che con le loro produzioni di beni e servizi, sono gli esclusivi datori di lavoro di tutto il personale del pubblico impiego ,che malgrado la crisi, resta sempre al sicuro ed al caldo , compreso i politici.

  3. Forse per Gerardo e Tiziana questo modello ha funzionato e funziona come dite voi al 91%. Io penso invece che dipende dal territorio in cui si abita, dal potenziale industriale e dalla mentalità degli imprenditori riuscire a trovare una nuova occupazione anche con nuova riqualificazione. Mio marito,cinquantaquatrenne, grafico laureato e con garnde esperienza, è rimasto senza lavoro ben 4 anni fa. Ha partecipato a corsi di riqualificazione, ha cercato lavoro come portiere di notte negli alberghi, visto che la nostra città era un rinomato centro turistico, ha mandato curriculi anche fuori provincia ecc. TA tuttoggi non ha ancora trovato lavoro. E’ troppo vecchio? Non si possono usare gli incentivi che servono per sfruttare i giovani per anni prima dibuttarli come spazzatura? O forse nel nostro territorio è meglio assumere, almeno nelle stagioni turistiche, stranieri in nero, loro almeno oltre che l’inglese conoscono il russo e il cinese ultimamente lingue molto richieste nella nostra zona anche per fare il portiere notturno. Buona giornata- Lelia H

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