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PREZZI DEI POMODORI IN PICCHIATA, CARO SULLE BOLLETTE DELL’ACQUA: LA MAPPA DELL’ITALIA A RISCHIO DEFLAZIONE

L’Italia è in deflazione e i dati relativi al primo semestre dell’anno indicano un calo dello 0,2%: continuando di questo passo l’Italia farà registrare, per la prima volta dal lontano 1959, una variazione dei prezzi negativa. Solo che mentre nel 1959 il Pil italiano correva (+7%), adesso, dopo una lunga fase di crisi, la crescita economica è ancora a rischio. Anzi, lo scenario internazionale peggiora di giorno in giorno tra terrorismo e Brexit. E un calo dei prezzi, come non si stanca di ripetere la Bce, è pernicioso perché rallenta i consumi, deprime gli investimenti e i salari ed è negativo per chi ha un alto debito che non viene abbattuto dall’aumento dell’inflazione.
Secondo l’analisi dell’ufficio studi della Cgia, su 200 voci di prodotto analizzate la deflazione si è verificata in ben 68 casi. E, al di là di settori particolari come l’hi-tech dove il progresso tecnologico consente, generalmente, la contrazione dei prezzi (computer fisso -12,7 per cento) e dei prodotti energetici (gasolio auto -12,5 per cento e benzina -7,6 per cento) che hanno beneficiato di un prezzo del petrolio basso e al di sotto dei 50 dollari al barile per tutto il primo semestre del 2016, la deflazione ha colpito anche altri comparti di spesa, in particolare molti prodotti alimentari. Pomodori (-7,2 per cento), insalata (-2,4 per cento), zucchero (-2,4 per cento) e gelati (-2,0 per cento) sono i prodotti che hanno visto la riduzione dei prezzi maggiore ma la lista degli alimentari con il segno meno è lunga: pesche/nettarine (-1,8 per cento), cereali per colazione (-1,6 per cento), arance (-1,4 per cento), farina/altri cereali (-1,2 per cento), banane (-1,2 per cento), yogurt (-1,2 per cento); scorrendo la classifica dei prodotti alimentari con il segno meno se ne contano quasi trenta.
Tra i prodotti che invece hanno subito i maggiori rincari la lista si apre con i servizi postali (+9,8 per cento), i palmari/tablet (8,2 per cento) che godono di una domanda in continua crescita, ma include anche alcuni alimentari come patate +8,2 per cento, olio d’oliva +5,3 per cento, mele +3,2 per cento e pere +3,1 per cento. Scorrendo la classifica dei primi 50 aumenti vi sono altri aspetti negativi per le famiglie alle prese con il pagamento delle bollette: fornitura d’acqua (+4,5 per cento) e fognatura (+4,2 per cento) rappresentano rincari che azzerano o quasi i vantaggi derivanti dalla riduzione dei prezzi del gas (-7,6 per cento) e, in parte, dell’energia elettrica (-0,2 per cento) avvenuti nel primo semestre del 2016.
A livello geografico la deflazione coinvolge, a macchia di leopardo, tutto il Paese e nel primo semestre del 2016 nemmeno le città del Nord e le metropoli si sono salvate dalla spirale deflazionistica: Milano (-0,5 per cento), Torino (-0,4 per cento) e Roma (-0,4 per cento) sono casi emblematici; in testa alla classifica troviamo Vicenza (-0,8 per cento) che condivide questo ‘primato’ con Bari. Con riferimento al Sud del Paese, dopo Bari (-0,8 per cento) le flessioni dei prezzi più ampie riguardano Potenza (-0,7 per cento) e Sassari, Reggio Calabria e Palermo (-0,5 per tutte e tre). Per il Centro Italia le contrazioni maggiori sono state a Perugia (-0,5 per cento) e a Firenze (-0,4 per cento); si tratta di andamenti ben più negativi della media nazionale che si “ferma” al -0,2 per cento.

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