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“REDDITO MINIMO DI 320 EURO AL MESE PERUN MILIONE DI POVERI CON MINORI

Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri accompagnato da un piano per la loro inclusione sociale. È la via italiana al reddito minimo che il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, illustra in questa intervista. Il governo ha approvato la scorsa settimana il disegno di legge delega, entro sei mesi dal via libera del Parlamento arriveranno i decreti attuativi. Nel 2017 la riforma dovrebbe partire, ma già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L’obiettivo è di fare crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari (si comincerà dalla famiglie con minori) fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta.

“È un cambiamento radicale – dice Poletti – perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. È una riforma che vale almeno quanto il Jobs act”. Di fatto si tratta dell’introduzione anche in Italia, che insieme alla Grecia è l’unico in Europa a non averlo, del reddito minimo. È così?

“Noi veniamo da una storia e da esperienze diverse in termini di politiche di contrasto alla povertà. Abbiamo sempre concentrato gli interventi sul versante dell’assistenza, sul trasferimento passivo. Ora facciamo di più: parallelamente al trasferimento monetario, le istituzioni prenderanno in carico ciascuna persona in condizioni di povertà per la sua inclusione sociale. Dietro questa misura c’è un’idea di società”.

È difficile pensare che possa funzionare con la pubblica amministrazione italiana e affidando all’Isee (l’indicatore della situazione economica) l’accertamento delle condizioni patrimoniali in un Paese come il nostro ad altissimo tasso di evasione fiscale. Insomma non c’è il rischio che il sostegno vada a chi non ne ha bisogno?

“Guardi, spetta al governo e al Parlamento fare le riforme ma poi “a bordo” ci sono le persone, ciascuno deve prendersi una parte di responsabilità. Le faccio un esempio: chi riceverà l’assegno dovrà impegnarsi contestualmente, come già accade nelle città che stanno sperimentando il sostegno per l’inclusione attiva, a mandare i figli a scuola e ad accettare possibilità di lavoro. Pensiamo a un coinvolgimento anche delle associazioni del volontariato. Quanto all’Isee le ricordo che l’abbiamo cambiato e che oggi fotografa molto più efficacemente le situazioni: se prima il 78 per cento dichiarava di non avere conti correnti bancari o postali oggi questa percentuale è calata al 18″.

Avete annunciato un riordino degli istituti assistenziali. Non è che il nuovo sostegno sarà finanziato con i tagli ad altri trattamenti? Insomma una partita di giro.

“I trattamenti in essere non sono in discussione, non saranno toccati. Faremo un’analisi e puntiamo a una riorganizzazione anche delle prestazioni non per fare cassa ma per equità”.

Passiamo alle pensioni. Conferma che questo sarà l’anno per un ritorno al pensionamento flessibile?

“Il tema delle pensioni è molto delicato e sensibile. Il governo ha assunto l’impegno di verificare e ragionare sul capitolo delle flessibilità in uscita. Manteniamo questo impegno. Ma nel merito parleremo solo quando avremo proposte precise”.

Il governo presenterà una legge sul salario minimo legale? Avevate dato un po’ di mesi di tempo a sindacati e Confindustria che sono lontanissimi da un accordo. Il tempo è scaduto?

“I contratti sono materia prioritariamente di competenza delle parti sociali. La Confindustria ha avviato l’iter per il rinnovo del suo presidente, è ovvio che ci sarà un rallentamento, noi però ci auguriamo che trovino un’intesa. Intanto guardiamo con interesse quel che accade sui tavoli negoziali sia degli alimentaristi sia dei metalmeccanici”.

Avete varato lo Statuto del lavoro autonomo e insieme il cosiddetto “lavoro agile”. Ha una stima di quante persone saranno coinvolte nel lavoro svolto da casa?

“Non abbiamo stime e non so se ce ne siano. So che i cambiamenti tecnologici sono molto più veloci dei cambianti sociali. E penso anche che le innovazioni tecnologiche possono da una parte bruciare posti di lavoro, ma dall’altra renderci più liberi nel lavoro. È un mix che il legislatore non può ignorare”.

Pensate di introdurre anche sgravi fiscali per incentivare il lavoro da casa?

“Non ora, anche se gli sgravi per il welfare aziendale previsti nella legge di Stabilità si muovono in quella direzione. Non mi pare di poco conto, tuttavia, che l’assicurazione Inail un tempo legata alla fabbrica o all’ufficio si estenderà alle attività svolte da casa con il tablet”.

Si sente un ministro dimezzato dopo la nomina di Tommaso Nannicini a sottosegretario a Palazzo Chigi con un’attenzione particolare alle questioni del lavoro?

“Assolutamente no. Con Tommaso ho un meraviglioso rapporto di collaborazione. Mi fa piacere lavorare con i giovani bocconiani “dal volto umano”, come li ha definiti Tiziano Treu”.

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