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COMMISSIONE UE “CONTRO” GLI ELETTRODOMESTICI: “RISPARMIO SOVRASTIMATO”

Lampadine e lavatrici non così risparmiosi ed ecologici come indicato in etichetta. Lo spettro di un nuovo “caso Volkswagen” aleggia sui produttori europei di elettrodomestici, che starebbero sovrastimando sistematicamente le performance dei prodotti messi sul mercato. A nutrire questo sospetto (molto concreto) è la Commissione europea che, in base ai controlli fatti da alcuni Stati membri, evidenzia come i produttori stiano abusando di alcune pieghe della normativa Ue su Ecodesign ed etichetta energetica per frodare i consumatori. In particolare starebbero applicando nella produzione materiali o tecnologie più economiche tali da peggiorare le prestazioni di circa il 10%, consapevoli del fatto che nei test pubblici è ammessa una variazione mediamente del 10 per cento (la cosiddetta “tolleranza tecnica”). In pratica starebbero sfruttando a proprio vantaggio una norma tecnica destinata agli strumenti di misura delle autorità di controllo di mercato degli Stati membri.

Una riforma. È illegale? No, certo, ma sostanzialmente è un inganno ai consumatori secondo la Commissione Europea, che già dal 2012 sta lavorando a una riforma delle normative sul risparmio energetico proprio per abbassare le soglie dei test di tolleranza ed evitare questi abusi. Riforma che però, in seguito al clamore mediatico suscitato dal caso Volkswagen, è stata per il momento congelata. “L’esecutivo Ue l’ha sepolta in un cassetto – spiega Davide Sabbadin, responsabile Efficienza energetica di Legambiente – venendo per questo criticato dalle aziende più interessate alla concorrenza seria nel mercato, come Elettrolux. Anche l’associazione dei produttori europei di elettrodomestici Ceced (cui fa riferimento Confindustria, ndr) ha chiesto lumi a proposito del provvedimento, ma senza ottenere risposta. Il problema – continua Sabbadin – nasce da regole troppo vecchie e troppo generose che variano da prodotto a prodotto, ma che mediamente consentono una tolleranza tecnica del 10 per cento nei test di verifica degli apparecchi. Negli anni le tecnologie dei test si sono evolute e il margine di errore ormai non può essere superiore al 2-3 per cento, ma le regole non sono state aggiornate”.

Come funziona la truffa. Ecco un esempio realizzato con numeri fittizi per semplificare come si possa simulare una classe energetica migliore. Mettiamo che l’azienda X produca un aspirapolvere che consuma, per ipotesi, 200kWh in un anno. Immaginando che, se ne consumasse 185 potrebbe rientrare in classe A, dichiara appunto che il proprio prodotto ne consuma 185, e quindi lo mette sul mercato come prodotto di classe A, perché sa che a un eventuale controllo, applicando un margine di tolleranza del 10 per cento su 185kWh, il proprio prodotto viene comunque considerato valido (185+10%= 203,5).

Similmente, un’azienda che avesse un prodotto che ha un’efficienza energetica del 10 per cento inferiore al minimo ammesso per il mercato, immette comunque il prodotto nel mercato dichiarando il valore minimo di legge, sapendo che a un eventuale test la tolleranza del 10 per cento ne validerebbe comunque il dato e quindi la presenza legittima sul mercato.

“Il punto è che anche se le tolleranze fossero state minori – aggiunge Sabbadin – l’Unione europea non ha mai inteso che fossero destinate ai produttori per annacquare le prestazioni degli elettrodomestici o simularne un miglioramento, bensì le intendeva destinate ai laboratori per compensare eventuali anomalie nei test, sempre possibili per le condizioni climatiche e le diverse strumentazioni con cui si svolge il test nei diversi paesi Ue. Di fatto questa pratica ingannevole fa aumentare di circa 2 miliardi all’anno le bollette dei consumatori europei”.

Il caso delle lampadine. C’è un solo prodotto per il quale la Commissione ha messo mano al problema e lo ha risolto, sebbene in parte. Si tratta delle lampadine, per le quali nel 2012 sono stati ridotti i limiti della tolleranza energetica. Ma l’esecutivo Ue non ha affrontato contestualmente la questione della dichiarazione dei lumen e dei watt sulla confezione. “A seguito dell’intervento della Commissione – spiega ancora Sabbadin – molte aziende hanno abbassato la classe energetica delle loro lampadine da C a D, la categoria in assoluto peggiore in base alla nuova etichetta energetica europea. Tuttavia non hanno cambiato in senso peggiorativo né la potenza né i lumen riportati sulla confezione, che rimangono quelli di prima. In definitiva, l’efficienza energetica reale del prodotto è più bassa rispetto a quella indicata in etichetta”.

Stephane Arditi membro dell’European Environmental Bureau, l’associazione ambientalista che riunisce 140 organizzazioni in Europa fra cui Legambiente, e coordinatore della campagna ambientalista Coolproducts, ha contattato un dirigente attivo da 20 anni in una grande azienda di produzione di lampadine, che ha confermato la pratica dell’abuso della tolleranza tecnica e ha dichiarato che si tratta di una prassi a cui tutte le aziende devono adeguarsi per reggere la concorrenza di quelle più spregiudicate. “L’interesse delle aziende è quello di usare componenti più economiche – spiega Arditi – e quindi realizzare un margine di guadagno maggiore e l’abuso della tolleranza tecnica lo consente. Inoltre i produttori esagerano anche sulla durata di vita del prodotto e contano sul fatto che in Europa il controllo di mercato è spesso lacunoso, anche se ultimamente sta migliorando”.

Un’altra associazione di consumatori svedesi (The swedish consumer association) per anni ha testato regolarmente le lampadine presenti sul mercato, incluse quelle di grandi marche. E ha scoperto che tutte sovrastimano sistematicamente le performances dei propri prodotti fino al 25% in più. Nelle confezioni delle lampadine la direttiva Ue sull’etichetta energetica obbliga i produttori ad inserire, oltre alla ben nota classe di efficienza energetica, anche il valore di consumo in watt e il valore di luminosità in lumen. I due valori sono strettamente connessi: l’efficienza di un prodotto infatti è data dal rapporto lumen/watt. Entrambe le informazioni (classe energetica e lumen) sono state, secondo le prove portate dall’associazione consumeristica svedese, gonfiate sistematicamente negli anni con il sistema della tolleranza tecnica.

L’industria delle lampadine non è nuova a storie di ‘greenwashing’. “Nel 2015, a seguito di una pressione mediatica iniziata proprio dalla campagna Coolproducts

– conclude l’esperto Energia di Legambiente – Osram e Philips hanno finalmente deciso di ritirare dal mercato delle lampadine alogene che erano vendute come ‘eco’, pur essendo le più energivore ammesse alla vendita sul mercato”.

Fonte: La Repubblica

Una risposta

  1. …e di una bella legge sull’obsolescenza programmata dei prodotti (o divieto, meglio ancora!) come è già in vigore in Francia, ne vogliamo parlare??? Ovvero del fatto che le aziende producono prodotti con un ciclo di vita già programmato: sanno già quando si romperà l’elettrodomestico, il TV o altro…
    Ciao a tutti!

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