Cerca
Close this search box.

Allungare la vita di pasta, riso e caffè. L’Ue discute sulla data di scadenza

Coldiretti: Bruxelles pronta a rivedere le norme. L’idea di togliere le parole «Da consumarsi preferibilmente entro…». In Italia le rispetta una persona su tre

«Da consumarsi entro il primo giugno», spiega la scritta sulla busta di tortellini, o sulla confezione del gruviera. Può accadere perfino che l’anno indicato sia il 2015, o il 2016, o che invece la minaccia potenziale si concreti già l’indomani: dubbi molesti, digiuno prudenziale, timori irrazionali, a quanti è capitato? Dieci minuti a pensarci su, e poi il tubetto o la scatoletta vola in pattumiera: e magari, un anno dopo, sarebbe stata la stessa leccornia, buona e salutare.

Ma ora l’Unione europea si preparerebbe ad abbattere il tabù: cioè a eliminare le etichette con la data di scadenza dalle confezioni di alcuni prodotti alimentari a lunga conservazione. Obiettivo, economico ed etico, evitare la piaga dello spreco alimentare: cioè quei 515 euro all’anno di cibi scaduti che ogni famiglia italiana archivia nei cassettoni per strada, o quegli 89 milioni di tonnellate di prodotti (presumibilmente) a rischio che finiscono nei rifiuti di tutta la Ue.  Si tratta di prodotti «secchi»: pasta, caffè, formaggi duri, riso, e così via. Mentre quelli «liquidi» o «umidi», come lo yogurt o altri latticini facilmente deperibili, non verrebbero toccati dalla svolta: nel loro caso, pensano gli esperti dei laboratori Ue, l’abolizione dell’etichetta con la data potrebbe rappresentare un vero pericolo igienico.

In Europa, secondo le norme vigenti finora, sia i «secchi» che i «liquidi» possono essere potenziali veicoli di intossicazione se il loro consumo non avviene entro la data stabilita dai laboratori; in Africa, o in Asia, possono essere invece beni di lusso, cioè di sopravvivenza, a prescindere da qualsiasi scadenza indicata sulla confezione. E anche su questo si basa la motivazione etica che, insieme con quella economica, sarebbe alla fase del futuro provvedimento.

È da tempo che se ne parlava, fra Bruxelles e Strasburgo. Ora, a preannunciare la novità, sono state alcune anticipazioni pubblicate dal giornale tedesco Bild e dalla Coldiretti. Ma una conferma ufficiale è giunta solo poche ore fa, quando una nota è comparsa sul lungo ordine del giorno dell’Agrifish o Consiglio dei ministri Ue dell’Agricoltura e della pesca, fissato per oggi. Dopo un’altra nota su «Riduzione dell’uso dei prodotti protettivi delle piante», e prima di un’altra ancora su «Protezione degli animali durante il trasporto», ecco il tema più delicato: «Perdita di cibo, spreco di cibo».

Nell’Agrifish siedono i ministri dell’Agricoltura di tutti i 28 Paesi Ue. E sarebbero soprattutto quelli di Olanda e Svezia a premere per il cambiamento, con l’appoggio di Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo. Altri sono schierati sul fronte opposto, o neutrali. Date le procedure e i tempi della Ue, sarebbe davvero una sorpresa se dalla riunione di oggi sfociasse una qualche decisione operativa. Cambiamenti di questa portata richiedono mesi, a volte anni. Tuttavia, il solo fatto che l’argomento venga affrontato pubblicamente, rappresenta un fatto importante.
«La tentazione di mangiare cibi scaduti per non sprecare – rileva Coldiretti – non deve andare a scapito della qualità dell’alimentazione, in una situazione in cui molti cittadini sono costretti a risparmiare sulla spesa privandosi di alimenti essenziali per la salute o rivolgendosi a prodotti low cost che non sempre offrono le stesse garanzie qualitative».

Preoccupazioni che sembrano confermate dai dati sulle vendite«low cost» nei supermercati alimentari: queste sono infatti le uniche a far registrare un’impennata nel commercio al dettaglio italiano con aumento del 2,9 per cento. La crisi economica sembra comunque aver preceduto l’iniziativa di Bruxelles: secondo elaborazioni della Coldiretti su dati Gfk Eurisko, solo il 36 per cento degli italiani ammette infatti di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti, e aggiunge che prima di buttarli controlla personalmente la loro condizione. Secondo la stessa ricerca, poi, appena il 54 per cento degli italiani controlla quotidianamente il frigorifero.

(fonte Corriere.it)

Una risposta

  1. Ah bene, raggiunto un certo grado di tutela (spesso relativo, perché non è che sappiamo proprio alla perfezione cosa mangiamo in realtà!) dopo battaglie durate anche moltissimo anni e spesso grazie all’Italia, adesso cominciamo con il togliere la scadenza, poi si toglierà l’indicazione di qualche ingrediente (magari degli oli e grassi vegetali), alla fine toglieranno direttamente l’etichetta!
    È un pesce d’aprile postumo, vero? Se hanno imposto dei tempi massimi di conservazione qualche ragionamento l’avranno fatto, immagino; se con l’esperienza i tempi si sono rilevati ristretti, si potranno allungare un po’, ma toglierli del tutto mi sembra una follia, già ogni tanto scoprono che qualcuno altera le date sulle confezioni, se le tolgono del tutto finiremo per mangiare prodotti riciclati da qualche tomba di Faraoni!
    Spero che i partiti più seri e le associazioni dei consumatori si facciano sentire.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Post recenti

Newsletter Adico

Iscriviti subito alla nostra newsletter, riceverai notizie e informazioni sulle nostre attività!




Con l'iscrizione dai il consenso al trattamento dei tuoi dati personali! Prima di inviare e acconsentire prendi visione dell'informativa sul trattamento dei dati nella sezione privacy policy*

Continuando a navigare nel sito acconsenti all'uso di Cookie Tecnici neccessari che permettono di offrire la migliore esperienza di navigazione, come descritto nell'informatva sulla privacy.